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Guide e manuali Informazioni

Animali, la LIPU lancia una webapp per soccorrere la fauna in difficoltà

Aiuterà a capire cosa fare nel caso di ritrovamento di uccelli o altri animali selvatici feriti.

Ogni anno sono decine di migliaia gli animali soccorsi e ricoverati presso i centri recupero fauna selvatica di tutta Italia. “Cinque richieste della Lipu per migliorare il sistema recupero in tutta Italia”. “Il soccorso della fauna selvatica è una prova della grande sensibilità degli italiani ma al tempo stesso una materia complicata e impegnativa, tra informazioni carenti, amministrazioni non sempre presenti e una normativa che va migliorata. Per questo l’impegno della Lipu crescerà, anche con il nuovo portale informativo per tutti i cittadini”. Lo dichiara la Lipu nel presentare animaliferiti.lipu.it, la webApp realizzata con il contributo della Nando and Elsa Peretti Foundation (https://perettifoundations.org), a disposizione delle persone che trovano un animale selvatico in difficoltà e desiderano prestare soccorso.

Ogni anno sono in effetti decine di migliaia gli uccelli e gli altri animali selvatici, tra cui specie migratrici, a rischio o di particolare interesse conservazionistico, ricoverati nei centri recupero della Lipu e di altre organizzazioni, al fine di curarli e restituirli alla libertà. Molto spesso la filiera del recupero parte da comuni cittadini che, specie in primavera ed estate, si imbattono in rondoni caduti dal nido, falchi feriti, volpi con traumi e molti altri casi analoghi. In queste circostanze, sovente le persone non sanno come comportarsi, tentando a volte invano di rivolgersi direttamente alle amministrazioni pubbliche, che pure dovrebbero disporre di servizi ad hoc, o intervenendo laddove la natura sta semplicemente facendo il proprio corso e ogni ingerenza umana può essere dannosa per l’animale. Ne sono esempio i cuccioli di capriolo o lepre, che devono essere lasciati dove si trovano e non essere in alcun modo toccati, o la maggior parte dei pulcini di uccelli selvatici, che abbandonano naturalmente il nido quando sono ancora incapaci di volare e alimentarsi autonomamente. Contrariamente alle apparenze, questi uccelli continuano a essere seguiti, accuditi e alimentati dai genitori, finché non sono in grado di volare ed essere autonomi.

Per far sì che si evitino errori e in generale si disponga delle informazioni necessarie, è nata la webApp della Lipu animaliferiti.lipu.it, pensata secondo un processo algoritmico che risponderà alle domande più frequenti che i cittadini si pongono: il tipo di animale, le cause della difficoltà in cui versa, il dubbio se raccoglierlo o meno, il pronto soccorso e l’alimentazione di emergenza, le cose assolutamente da non fare e, soprattutto, il centro specializzato più vicino al quale consegnarlo. In questo senso, il sito elenca, divisi per regione, tutti i centri recupero fauna selvatica operanti in Italia, specificando il tipo di attività svolta, gli orari e i contatti, in modo da mettere in condizione i cittadini di svolgere al meglio l’opera meritoria del soccorso e far sì che gli animali siano consegnati ai centri il prima possibile.

“La materia del recupero della fauna in difficoltà è tra le più complicate e impegnative – dichiara Laura Silva, responsabile del Recupero della Fauna della Lipu – pur a fronte della grande sensibilità delle persone che sempre più desiderano aiutare gli animali. Solo nel 2021 la Lipu si è presa cura di 32mila animali selvatici, rispondendo a qualcosa come 107mila richieste telefoniche. I nostri 10 centri recupero sono costantemente impegnati, così come molti dei nostri 100 gruppi e delegazioni locali. “La webApp della Lipu – continua Laura Silva – cui ha contribuito la Nando and Elsa Peretti Foundation, rappresenta uno strumento di grande utilità e persino conforto per le persone, che talvolta si sentono abbandonate a sé stesse. Lo aggiorneremo e arricchiremo costantemente, anche con specifici tutorial, e intensificheremo i corsi di formazione per operatori e volontari. E’ tuttavia necessario che il sistema recupero cresca e migliori in generale, sia sotto il profilo di una normativa uniforme e più efficace, sia sotto quello del sostegno alle associazioni.

“Un passo importante è stata la creazione del Fondo nazionale per il recupero della fauna, previsto dalla legge di Bilancio 2021 e confermato anche quest’anno, che va esteso alle organizzazioni di volontariato che tutelano la fauna e integrato con fondi regionali. Serve tuttavia – conclude Silva – anche un maggiore riconoscimento da parte delle regioni dell’enorme lavoro svolto dai centri, così come un maggior raccordo dei recepimenti normativi regionali, linee guida omogenee nazionali, magari un patentino per gli operatori dei Centri recupero, che potrebbe essere rilasciato da Ispra, e un’attenzione agli aspetti scientifici, di raccolta ed elaborazione dei dati, che possono essere davvero importanti ai fini della conoscenza, della lotta alle illegalità e della conservazione della natura”.

Le 5 richieste della Lipu per migliorare il recupero della fauna selvatica
1. Una cabina di coordinamento tra le regioni italiane sul recupero della fauna selvatica.
2. Un regolamento con linee guida omogenee nazionali emanato dal Ministero della Transizione ecologica.
3. La creazione della figura dell’Operatore del recupero, con patentino rilasciato da Ispra, che supporti veterinari e tecnici esperti.
4. La stabilizzazione del Fondo nazionale per il recupero della fauna, esteso alle organizzazioni di volontariato e ai centri recupero che tutelano la fauna selvatica, ad integrazione dei fondi regionali.
5. L’attenzione agli aspetti scientifici, con l’utilizzo di un database unico per tutti i centri recupero e l’opportuna raccolta ed elaborazione dei dati.

Il recupero della fauna selvatica in 10 cifre

32.719 gli uccelli e altri animali selvatici curati nei centri recupero della Lipu e soccorsi dalle sue oasi, gruppi e delegazioni locali nel 2021.

107.018 le risposte date dalla Lipu alle richieste dei cittadini sul tema della cura e della protezione degli uccelli animali selvatici feriti o in difficoltà nel corso del 2021

10 i centri recupero fauna selvatica gestiti dalla Lipu

706 i volontari attivi all’interno dei Centri recupero della Lipu nel 2021

95.918 le ore dedicate da operatori e volontari della Lipu alla cura della fauna selvatica nel 2021

180 le richieste scritte inviate alle amministrazioni pubbliche competenti in materia nel corso del 2021

36% il tasso di risposta delle amministrazioni pubbliche

1971 l’anno di inaugurazione del primo centro recupero della Lipu (Roma)

1992 l’anno di entrata in vigore della legge nazionale (la n. 157 dell’11 febbraio 1992) che regolamenta la materia

90 i centri recupero presenti nella webApp della Lipu con contatti utili per i cittadini

L’indirizzo della nuova webApp della Lipu per la fauna selvatica in difficoltà animaliferiti.lipu.it.

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SOS Fauna


Tutto quello che occorre sapere su come comportarsi, cosa fare e chi chiamare quando si trova un animale selvatico in difficoltà.

La legge 157/92 “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per prelievo venatorio” che ha recepito interamente la direttiva CEE n.409 del 1979 nota come la “Direttiva Uccelli”, ripresa dalla L.R.del Veneto n.50/1993, vieta la cattura e la detenzione di nidi, uova e piccoli nati di mammiferi ed uccelli appartenenti alla fauna selvatica, salvo alcuni casi specifici previsti e comunque sempre preventivamente autorizzati.

Con determinazione dirigenziale n. 371 del 7.2.2017 l’incarico in oggetto è stato assegnato alla Clinica Veterinaria del Benvenuto del dott. Tarricone Luciano a partire dal 1° marzo 2017.

L’impresa aggiudicataria si è impegnata a prendere in consegna gli esemplari entro 24 ore dalla segnalazione, effettuandone il prelievo in tutti i comuni del territorio della città metropolitana di Venezia, sia su segnalazione del Corpo di Polizia metropolitana, sia su segnalazione di cittadini ed Enti terzi, con l’intesa che gli animali oggetto del recupero devono essere già nell’effettivo possesso della persona che richiede l’intervento e non in condizioni di libertà sul territorio;

Al di fuori delle giornate e degli orari di reperibilità si dovrebbe cercare di tenere l’animale in casa, al sicuro.

Prima di chiedere il soccorso l’animale deve essere già nell’effettivo possesso della persona che chiede il soccorso. L’animale catturato dovrà essere, in attesa del soccorso, collocato in una scatola di cartone chiusa, con dei fori per la circolazione dell’aria e collocato in un locale al di fuori dei rumori e maneggiato il meno possibile. E’ opportuno che la persona che cattura l’animale usi dei guanti protettivi e, per uccelli dotati di becchi particolari (come ad esempio gli aironi) usi un telo e tenga l’animale a distanza dal viso.
Delucidazioni o chiarimenti anche per il primo soccorso, qualora non fosse reperibile il soccorritore sopra indicato, possono essere richiesti alla nostra Associazione ai numeri presenti nel sito.

Per problemi o altre segnalazioni, rivolgersi all’Ufficio Caccia e Pesca della Città Metropolitana di Venezia, al numero 041 2501151.

Qualche precisazione per chi trova giovani uccelli non volanti:

Se si trova un giovane uccello con tutte le piume ma ancora inabile al volo, che non sembra avere traumi evidenti, pur essendoci la possibilità che   questo venga mangiato da gatti o altro, andrebbe posto comunque nelle immediate vicinanze del luogo di ritrovamento in un posto rialzato (meglio se albero o cespuglio) in modo che possa essere nutrito dai genitori.

L’uscita dal nido prematura è spesso cosa abbastanza consueta, in molte specie; detenere un uccellino in gabbia, anche per poco, vuol dire condannarlo ad una vita in cattività. Ma certo questo non deve essere letto “guai a toccarli”, perché l’aiuto di un essere umano  – in certi casi – può  essere fondamentale per allontanare un gatto (basta poco a spaventarli senza fargli alcun male) e/o a fare raggiungere all’uccellino un ramo bello alto,  lontano da cani e ruote d’auto.

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Notizie dal territorio Pubblica amministrazione

Piste ciclabili senza alberi

                                                                                                                                                                                                                                                 Venezia, lì 5 gennaio 2024

Spett.le Ufficio Nuove Infrastrutture
e Sottoservizi Terraferma del Comune di Venezia

Oggetto: LIPU Lega Italiana Protezione Uccelli Sezione di Venezia,  segnalazione di mancata messa a dimora di alberature nell’assetto urbano con pista ciclabile in Mestre – Venezia – Via Ca’ Marcello, criticità.

Spett.le Ufficio,

è giunta a questa Associazione, da parte di un iscritto, la segnalazione, corredata da materiale fotografico, circa delle criticità per la mancanza di alberi nella costruenda pista ciclabile in Mestre – Venezia, Via Ca’ Marcello. Per il tratto interessato, la progettazione non prevede alberature od isole a verde, a tale fine si rileva che la mancanza di alberature sopra descritte, rappresentano dei fattori di rischio ambientale in quanto l’insufficienza di adeguato impianto a verde, sia nelle piste ciclabili che nei marciapiedi nonché parcheggi, alimenta nel periodo estivo la riflettenza solare creando vere e proprie bolle di calore con sbalzi termici fino a 15 gradi, che sovrapponendosi ed amplificandosi in maniera contermine possono alimentare squilibri climatici anche localizzati. Le soluzioni di omettere spazi verdi, anche a filare, oltre a portare dei danneggiamenti in termini economici, quali il disvalore delle aree interessate, ad un maggiore consumo di energia elettrica per il funzionamento dei condizionatori d’aria, sono in contrasto con le indicazioni fornite dal WHO Word Health Organization, (Agenzia Speciale dell’ONU). Viene riportato nel documento interamente reperibile nel sito del WHO (…) lo stile di vita urbano moderno è associato a stress cronico, attività fisica insufficiente, ed esposizione a rischi ambientali antropici. Gli spazi verdi urbani come parchi, parchi giochi, e vegetazione residenziale, possono promuovere la salute mentale fisica e ridurre la malattia e la mortalità dei residenti urbani offrendo rilassamento psicologico e alleviamento dello stress, stimolando la coesione sociale, sostenendo l’attività fisica e riducendo l’esposizione agli inquinanti, rumore e calore eccessivo. Le nuove scoperte mostrano che gli interventi per aumentare o migliorare lo spazio verde urbano possono fornire risultati positivi in termini di salute, sociali e ambientali per tutti i gruppi di popolazione, in particolare tra i gruppi di status socio economico inferiore (..). 

Innumerevoli poi sono i benefici delle alberature in Città solo per citarne alcune dal Documento Verde Urbano redatto dalla LIPU sede Nazionale nel 2016

 (…) Valutazioni economiche

Oltre alla quantificazione dei servizi ecosistemici in termini di benefici svolti dal verde urbano, dagli anni ’90 del secolo scorso si sono affermate anche le valutazioni di tipo economico e monetario, che si sono sviluppate soprattutto negli Stati Uniti (McPherson et al., 1997) per poi approdare anche in Europa (Soares et al., 2011).

Oggi esistono software in grado di determinare il valore economico ed ambientale dei benefici apportati dagli alberi e dalla foresta urbana, nonché i modelli dell’impatto economico derivante dai diversi scenari di gestione, di cui un esempio è il CITYgreen© 5.0 prodotto nel 1996 da American Forests, che lavora in ambiente GIS. Un altro approccio è il modello UFORE (Urban FORest Effects) uno strumento di calcolo sviluppato alla fine degli anni 1990 dal Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti, sempre per descrivere la struttura del verde urbano e stimare gli effetti della vegetazione sull’ambiente (Siena e Buffoni, 2007). Oggi UFORE è stato ulteriormente sviluppato nel software i-Tree per analizzare la foresta urbana e valutarne i benefici.

Citando qualche esempio applicativo, gli alberi e le foreste urbane negli Stati Uniti rimuovono 17,4 milioni di tonnellate di inquinanti atmosferici, prendendo il 2010 come anno di riferimento (range: 9,0-23,2 milioni di tonnellate). Gli effetti positivi sulla salute umana vengono valutati in 6,8 miliardi di dollari (range: 1,5-13,0 miliardi $). Le conseguenze positive sulla salute pubblica includono la prevenzione di oltre 850 morti, di 670.000 casi di sintomi respiratori acuti, di 430.000 attacchi di asma, ma anche di 200.000 giorni di scuola persi (Nowak et al., 2014). A Chicago negli Stati Uniti gli alberi rimuovono gli inquinanti atmosferici, contribuendo a ripulire l’aria per un valore stimato in 9,2 milioni $/anno. Se la copertura arborea venisse incrementata del 10%, oppure se venissero piantati tre alberi per ogni edificio, si risparmierebbero da 50 a 90 $ per unità abitativa di costi energetici per il riscaldamento e la refrigerazione. Questo poiché gli alberi forniscono ombra, riducono la velocità del vento e inducono un abbassamento delle temperature estive. Considerando un lasso di tempo di 30 anni, il valore attuale netto dei servizi forniti dagli alberi è stimato in 402 $ a pianta e corrisponde a quasi tre volte i costi di manutenzione (McPherson et al., 1997). In California i 929.823 alberi lungo le strade rimuovono annualmente 567.748 t di COequivalente a contrastare le emissioni di 120.000 auto, per un valore corrispondente a 2,49 miliardi di $. Il valore annuo di tutti i servizi ecosistemici è di 1,0 miliardi di $, pari a 110,63 $ per albero. Se si considera una spesa gestionale di 19,00 $ albero/anno, per ogni dollaro investito si ricavano benefici per 5,82 $ (McPherson et al., 2016).

A Lisbona è stato applicato il programma i-Tree Stratum per quantificare la struttura e le funzioni degli alberi ed il valore dei servizi forniti. Sono stati censiti 41.247 alberi che insieme producono servizi valutati in 8,4 milioni di $/anno. I costi di manutenzione ammontano a 1,9 milioni di $/anno, quindi per ciascun dollaro investito i residenti ricevono 4,48 $ di vantaggi. Il valore del risparmio energetico (6,16 $/albero), la riduzione della CO2 (0,33 $/albero), la riduzione dell’inquinamento atmosferico (5,40 $/albero) e l’incremento di valore della proprietà immobiliare (145 $/albero), portano ad un beneficio complessivo annuale di 204 $/albero, pari ad un beneficio netto di 159 $/albero (Soares et al., 2011).

A Roma (Attorre et al.,2005) stimano che i 704.720 alberi portano un vantaggio economico alla città, legato alla rimozione dell’inquinamento dall’aria, di € 1.674.942 l’anno (€ 2376/albero) e che gli alberi immagazzinano nella propria biomassa circa 320 mila tonnellate di carbonio, sequestrando circa 2000 tonnellate di carbonio l’anno.

Una valutazione preliminare dei servizi ecosistemici compromessi in conseguenza di una potatura drastica in aree verdi del lungomare è stata effettuata a Livorno, dove è stata calcolata una presenza di alberi compresa tra 2285 e 8185 esemplari. È stato ipotizzato che la potatura abbia asportato circa metà del volume di vegetazione che era presente, portando ad una perdita di servizi ecosistemici compresa in una forbice tra circa 160.000 a oltre 590.000 euro/anno. A questo sarebbero da aggiungere e quantificare le conseguenze negative al paesaggio, al valore immobiliare, la perdita di biodiversità e il danno in termini educativi, considerando che l’operato di un ente pubblico funge da esempio da seguire per la cittadinanza (Ascani et al., 2016).

Il valore di un albero può essere quantificato anche dal punto di vista economico (monetario), considerando il valore estetico e paesaggistico, quello emotivo e per il benessere dei cittadini, quello storico, sociale, ecologico, ed infine educativo. A Bologna è stato fatto un calcolo da Tugnoli (2010, 2012) riguardante alcuni degli esemplari più prestigiosi (Ippocastano, Cedro dell’Atlante, Bagolaro, Frassino, Platano, Leccio, ecc.) e le cifre  sono comprese da un minimo di 3.635 ad un massimo di 27.732 euro. Applicando il metodo C.A.V.A.T. (Capital Asset Value for Amenity Trees) ad alberi monumentali si raggiungono valori economici ornamentali fino a 806.539 euro.(..)

Alla luce di quanto espresso, si richiede di valutare, nel tratto in esame, un impianto di alberature in corso d’opera.

Cordialmente

Il delegato della LIPU di Venezia

Dr. Gianpaolo Pamio

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Guide e manuali

Aiutiamo i piccoli uccelli nel periodo invernale ponendo delle mangiatoie

La Sezione Lipu Lega Italiana Protezione Uccelli Sezione di Venezia, rammenta l’importanza di  aiutare i piccoli uccelli nel periodo invernale. Una stagione dell’anno, quella invernale particolarmente difficile  per l’avifauna: le coltivazioni intensive, l’impoverimento degli habitat, la sottrazione di aree vegetali tampone tra i campi coltivati, l’asporto delle siepi, ed altro, hanno sostanzialmente sottratto l’habitat a molte specie di uccelli e li hanno spinti verso  ambienti urbani e periurbani trovandosi di conseguenza in aree banalizzate con deficit per l’approvvigionamento alimentare.

Possiamo sostenere l’avifauna costruendo una mangiatoia e mettendo a disposizione del cibo per uccelli ad hoc, ma anche sono sufficienti delle mele o pere infilzate in un rametto di un albero.  La mangiatoia verrà riposta nel nostro giardino, anche condominiale (avendo cura di avvertire gli altri condomini). Accorgimento importante, fornire con costanza il cibo e quanto sino a primavera, quando appariranno i primi insetti, e l’alimentazione verrà tolta gradualmente. Le tipologie di mangiatoia sono varie a seconda le specie di uccelli, nel sito di sezione www.lipuvenezia.it sono presenti delle istruzioni per un semplice fai da te. Sarà curioso osservare le tante specie di uccelli che inizieranno a frequentare la nostra mangiatoia, non mancheranno la Passera mattugia, la Cinciarella, la Cinciallegra, il Fringuello, il Pettirosso, la Capinera, il Codibugnolo, lo Storno, la Tortora dal collare, il Colombaccio, il Merlo, lo Scricciolo, e tanti altri, talvolta meno noti, più schivi e mimetici come qualche migratore in ritardo ad esempio il Forapaglie od il Beccafico. Una mangiatoia si può costruire in maniera alquanto spartana, anche utilizzando una tavoletta di legno inchiodata ad un palo almeno alto mt. 1,5, possibilmente lontano qualche metro dalle abitazioni. Il cibo da riporre corrisponde a granaglie di miglio, mais, semi di girasole, avena, ecc. reperibili con facilità nei negozi per animali. Alle granaglie vanno aggiunte palle di grasso animale acquistabili nei negozi dedicati, nonché pezzetti di carne, lardo, briciole di biscotti e panettone, non utilizzare pane o grissini. Nella mangiatoia potremmo riporre delle bucce di mela, pera, con i relativi semi, ottima la scelta di infilzare qualche mela in un albero, qualche specie di uccelli si nutre direttamente facendo inevitabilmente  cadere sotto dei rimasugli, altre specie di uccelli provvederanno a nutrirsi.  Una mangiatoia attiva tutto l’inverno, darà la certezza di passare la stagione fredda a decine di piccoli uccelli. 

Il delegato Lipu Sezione di Venezia
Gianpaolo Pamio

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Oasi e riserve Riserva Ca' Roman

Ca’ Roman: osservata la presenza di Aquila minore

Osservata la presenza di un esemplare di Aquila minore Hieraaetus pennatus, presso la Riserva di Ca’ Roman – Pellestrina (VE)

Questa specie in Europa ha uno stato di conservazione sfavorevole ed ha una popolazione nidificante stimata in poche migliaia di coppie, concentrate  nella Penisola Iberica, Francia e nelle grandi pianure dell’Europa Orientale e Balcanica.

Specie tipicamente forestale, in periodo riproduttivo predilige i boschi misti  interrotti da brughiere, praterie, zone di macchia e coltivi. Si nutre di una vasta gamma di prede, tra cui piccoli mammiferi, rettili e uccelli.

Non nidifica in Italia, dove è una presenza rara limitata ad alcuni individui che attraversano la penisola durante la migrazione primaverile e autunnale per raggiungere le zone di svernamento situate in Africa trans e sub-Sahariana, durante un percorso di migliaia di chilometri.

In provincia di Venezia l’Aquila minore viene osservata sporadicamente.

Pietro Scarpa

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Cave di Gaggio Nord Eventi Oasi e riserve

Oasi di Gaggio: serata di studi su inanellamento e monitoraggio

In data 24.11.2023 in sede di un evento pubblico presso l’Auditorium della Biblioteca De Andre’ in Marcon – VE sono stati resi noti i risultati dell’attività di inanellamento e monitoraggio a scopo scientifico presso l’Oasi di Gaggio in Marcon. Il responsabile dell’Oasi Sandro Stefani, l’ornitologo Alvise Lucchetta, il forestale Luca Mamprin, Ugo Faralli e Marco Gustin dello staff nazionale Lipu, hanno esaurientemente illustrato l’operato effettuato nel 2023. 

Quanto emerso si configura rispetto ai precedenti monitoraggi un sostanziale mantenimento dei risultati, che a prospetto di un calo complessivo dell’avifauna a livello europeo, come rivelato dai dati di Birds in Europe 4 da parte di BirdLife International, il più importante studio sullo stato di conservazione degli uccelli selvatici nel nostro continente (tutti i dati nel sito lipu.it), a confermare il successo dell’attuazione delle buone pratiche di gestione del sito. Emergono alcune peculiarità: l’incremento sensibile della specie del Marangone minore Microcarbo pygmeus arrivato ad oltre 1.000 esemplari, un forte calo del Cannareccione Acrocephalus arundinaceus che non nidifica più nel sito ma rimane solo di passaggio, il mantenimento stabile il numero del Martin pescatore Alcedo atthis, a significare l’isolamento dell’habitat, un aumento della Cannaiola comune Acrocephalus scirpaceus ed un calo della Cannaiola verdognola Acrocephalus palustris. Tutte specie inserite nella Direttiva Uccelli 409/409/ CEE allegato II, cui è prevista protezione e tutela rigorosa.

Cannuccia di palude Phragmites australis © Gianpaolo Pamio

Analizzato il trend di sottrazione di habitat a canneto costituito soprattutto dalla Cannuccia di palude Phragmites australis, è in linea a quanto accade in tutte la aree umide interne nel Bacino del Mar Mediterraneo, le cause sono molteplici, cambiamenti climatici,  cementificazione, bonifiche, canalizzazioni, inaridimento dei siti, alla fisiologica trasformazione di queste aree in siti da piante pioniere costituite da Pioppo nero, Pioppo bianco, Salice bianco, Ontano nero, ecc. presenza di specie antesignane e propedeutiche alla formazione in loco delle grandi foreste di latifoglie, quercete e carpineti che ricoprivano la Pianura Padana.

Il Porciglione Rallus aquaticus rappresenta  una delle specie target maggiormente interessate dal cambiamento degli habitat delle aree umide.

Porciglione © Fabrizio Doria

Il Falco di palude Circus aeruginosus conferma la nidificazione con esito positivo di involo di 3 giovani su 5 nati.
Il sito Oasi di Gaggio con il proprio canneto si configura una delle maggiori estensioni attuali di canneto nell’entroterra della Regione Veneto.

Vengono indicate, nella serata di studi, le tecniche da intraprendere per il mantenimento di tale canneto vista la grande importanza che riveste nella preservazione delle diversità degli habitat in pianura.

                                                   Il delegato della Sez. Lipu Venezia

                                                              Dr. Gianpaolo Pamio 

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Cave di Gaggio Nord Eventi

Evento: venerdì 24 novembre presentazione dell’attività scientifica nell’Oasi di Gaggio

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Guide e manuali Informazioni Pubblica amministrazione

Lettera alle amministrazioni comunali: edilizia conservativa per la tutela delle rondini e delle specie affini

Venezia, lì 19 ottobre 2023

Alla Città Metropolitana di Venezia, con preghiera di invio agli Illustrissimi Sindaci della Provincia di Treviso e della Città Metropolitana di Venezia
PEC: protocollo.cittametropolitana.ve@pecveneto.it

Oggetto: Lettera alle amministrazioni comunali. Adozione di criteri e strumenti di edilizia conservativa per la tutela delle rondini e specie affini. 

Spett.le Ufficio in indirizzo, con preghiera di trasmissione ai sindaci della Provincia di Venezia,

i delegati delle sezioni Lipu in calce firmatari registrano ogni primavera, e comunque nell’arco del periodo di nidificazione (da fine febbraio ad agosto), diversi episodi che vedono interventi di restauro, ristrutturazione e/o demolizione di edifici, sulle cui facciate e sui cui tetti sono presenti nidi di rondine (Hirundo rustica), balestruccio (Delichon urbicum),  rondine comune (Apus apus), passera d’Italia (Passer italiae) e altre specie che in tali siti costruiscono i loro nidi.

Le specie anzidette si trovano in uno stato di conservazione precario, con trend di popolazione negativo. Tra le varie cause di questo declino vi sono tutti quegli interventi edilizi che non tengono conto della conservazione delle specie.

Solo a titolo di esempio, si riportano casi di demolizione e ricostruzione di edifici con distruzione completa dei nidi in pieno periodo riproduttivo (a tale riguardo, si riportano qui alcuni articoli pubblicati dalla stampa locale: //www.ilgazzettino.it/nordest/treviso/rondini_nido_distrutto_colonia_oipa_treviso-6732948.html?refresh_ce, https://www.trevisotoday.it/attualita/paese-demolizione-casa-rondoni-4-giugno-2022.htmlhttps://www.oggitreviso.it/casier-salvati-da-una-casa-demolizione-nidi-con-piccoli-di-balestruccio-au5197-310712); oppure ristrutturazione di vecchi edifici con costruzione di nuove pareti completamente lisce e prive di intonaco aggrappante, adatto all’innesto dei nidi; oppure ancora, restauro di vecchi edifici con chiusura delle originarie aperture sulle facciate e ancora, posa di tegole con aperture dallo spazio insufficiente per l’entrata/uscita e costruzione del nido per i passeri. 

Rondine, Hirundo rustica © Gianpaolo Pamio

E’ opportuno qui ricordare che i nidi degli uccelli sono tutelati da normativa vigente secondo quanto previsto dall’articolo 21, comma 1, lettera o), della Legge n. 157 del 11 febbraio 1992, nonché dall’articolo 635 del codice penale. E’ altresì indispensabile richiamare l’attenzione sulla Direttiva CE n. 43/1992, cosiddetta “Direttiva Habitat”, sulla Direttiva CE n. 147/2009, cosiddetta “Direttiva Uccelli”, e sulle Convenzioni internazionali (Convenzione di Bonn e Convenzione di Berna).

Al fine di evitare ulteriori insorgenze di potenziali conflitti tra le esigenze di conservazione della biodiversità – esigenze sempre più pressanti e inderogabili, data l’assodata, attuale e scientifica acquisizione dello stato di crisi della biodiversità su scala globale e locale – e gli interessi dei privati, si ritiene fondamentale che gli strumenti normativi e tecnici a disposizione della pubblica amministrazione (regolamenti edilizi, ordinanze, delibere, ecc.)  siano integrati con criteri e regole che prendano concretamente ed efficacemente in considerazione i tempi di nidificazione e le esigenze biologiche delle specie in questione. Le modalità ed i tempi di intervento, l’uso di intonaci rugosi, che creano idonee superfici aggrappanti, e di coppi con appropriate caratteristiche geometriche, l’applicazione di misure compensative quali i nidi artificiali sono solo alcuni metodi corretti che qui si suggeriscono.

Fondamentale, altresì, è l’integrazione di norme che prevedano la vigilanza e il rispetto degli stessi attraverso adeguato sistema sanzionatorio.

Si allega alla presente la “Delibera salvarondini e regolamenti comunali”, proposta da Lipu e già adottata da varie amministrazioni comunali in tutta Italia, come spunto per l’adozione degli strumenti suddetti.

Si evidenzia che il 27 ottobre p.v. si terrà a cura della Lipu – Agrofauna un seminario on – line ove si parlerà anche di questo.

Sicuri di un Vostro cortese riscontro, si resta a disposizione per ogni necessità.   

Distinti saluti.

Il delegato di Lipu Treviso
Dr. Enrico Pavan

Il delegato di Lipu Venezia OdV
Dr. Gianpaolo Pamio

Il delegato di Lipu Vittorio Veneto
Dr. Roberto Guglielmi

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Notizie dal territorio

Primi giorni di attività venatoria: sorgono criticità

                                                                                                             Venezia, lì 4 settembre 2023                                                                                         

Comunicato stampa, pre-apertura stagione venatoria 2023 – 2024, report dei primi giorni e criticità del calendario venatorio.

I primi due giorni di pre-apertura della stagione venatoria  nella zona del Veneziano sono stati caratterizzati da un’intensa attività, già dal primo mattino diversi i colpi di arma da fuoco, soprattutto nei pressi dei centri abitati ed ambiti rurali abitati, di qui le chiamate anche spaventate dei residenti che non erano a conoscenza dei giorni di pre-apertura dell’esercizio venatorio quali il 2, 3, 4, 6 e 7 settembre, limitata alle specie di Ghiandaia, Gazza, Cornacchia nera e Cornacchia grigia, per Colombaccio e Tortora dal collare e Tortora selvatica sono cacciabili solo il 2 e 3 settembre. La stagione venatoria si apre ufficialmente il 17 settembre per chiudersi il 31 gennaio 2024.

Localmente si sono verificate delle criticità presso un autofficina di Mira cui per inseguire dei Colombacci dei cacciatori hanno colpito delle auto parcheggiate all’esterno del piazzale. Altre problematiche sono sorte presso l’Oasi di Gaggio ove verso le ore 15:00 un intensa attività di fuoco da parte di bracconieri nascostisi all’interno dell’Oasi ha fatto si che motivi di incolumità l’Oasi venisse chiusa ed i visitatori fatti sgomberare. Le Forze dell’Ordine venivano avvertite ma impossibilitate a portarsi sul posto, i volontari hanno cercato di individuare i bracconieri che sparavano con diversi calibri, il tutto inutilmente in quanto si nascondevano e cambiavano continuamente posizione, facendosi dimostrare buoni conoscitori del sito.

Il Calendario venatorio nazionale non tiene contro delle criticità in termini di conservazione della fauna selvatica, non ultimo l’inserimento a marzo 2023 delle specie del Moriglione e Moretta tabaccata, entrambe in forte declino.

L’intensità dell’attività venatoria nel territorio del Veneziano, anche in considerazioni delle estensioni vallive, area situata nel mezzo delle rotte migratorie di milioni di uccelli, dal Nord – Centro Europa all’Africa Settentrionale e Sub Sahariana, rappresenta un fattore di rischio e criticità per molte specie di uccelli.

Un aspetto non secondario dell’attività venatoria è costituito dalla dispersione del piombo dei pallini in cartuccia, rappresenta un elemento di inquinamento diffuso nell’ambiente, non solo in aree umide, come ampiamente acclarato da una vasta documentazione scientifica, tra cui il report nr. 158 del 2012 “Il piombo nelle munizioni da caccia: problematiche e possibili soluzioni” di ISPRA Istituto Superiore di Protezione Ambientale del Ministero dell’Ambiente. L’OMS Organizzazione Mondiale della Sanita’ ha stabilito  “Che non esiste una soglia di sicurezza per il piombo, ma che dovrebbe essere eliminato perché anche a livelli minimi fa danni. Le criticità più estese sono per i soggetti in crescita, bambini, perché interferisce nel sistema nervoso centrale. Una donna incinta passa il piombo al feto, ma anche nel periodo dell’allattamento” 

Lo studio Birds in Europe 4 cui la LIPU partecipa, rivela che oltre 1/3 degli uccelli selvatici che si riproducono in Europa versa in cattivo stato di conservazione.
Segnali di sofferenza per la fauna selvatica del Vecchio Continente. Il recente studio “Birds in Europe 4” ha rilevato che su 546 specie di uccelli selvatici che si riproducono in Europa prese in esame, ben 207 si trovano in cattivo stato di conservazione (pari al 38% del totale). Più in generale, sono addirittura triplicate le specie minacciate a livello globale (“Spec 1”), passate in pochi anni da 24 a 74.

L’Italia ha otto settimane per rispondere ed evitare la procedura d’infrazione. Le associazioni: “Basta illegalità o a pagare saranno tutti i cittadini italiani”.

“L’Italia torna sotto la lente dell’Europa per la pessima gestione della caccia”. Lo dichiarano le associazioni Cabs, Enpa, Lac, Lav, Legambiente, Lipu-BirdLife Italia e WWF Italia commentando l’apertura di una procedura EU Pilot (n. 2023/10542) nei confronti dell’Italia per violazione delle norme europee in materia di caccia, in particolare per mancato rispetto della direttiva Uccelli (2009/147 CEE) e del Regolamento europeo 2021/57 che vieta l’utilizzo del piombo nelle zone umide. La nota, trasmessa della Direzione generale Ambiente della Commissione europea, è indirizzata al Ministero dell’Ambiente.

“La Commissione europea – dichiarano le associazioni – certifica la grave situazione italiana in tema di caccia che abbiamo più volte denunciato. Le numerose e continue infrazioni sono la conseguenza di un sistema basato sulla diffusa subalternità della politica alle associazioni venatorie che si traduce in continue concessioni illegittime che, per meri tornaconti elettorali, mettono a rischio la nostra biodiversità. Se l’Italia non si adeguerà immediatamente alle regole, a partire dai prossimi calendari venatori, tutti i cittadini italiani saranno costretti a pagare le conseguenze di una pesante procedura d’infrazione”.

La EU Pilot riporta quattro motivi generali di contestazione, che toccano alcuni aspetti cruciali di per la conservazione della natura.

Il primo motivo di contestazione è relativo alla circolare congiunta dei Ministeri dell’Ambiente e dell’Agricoltura che, con l’intento di fornire una interpretazione al nuovo Regolamento europeo che vieta l’utilizzo e la detenzione di munizioni al piombo nelle zone umide, in realtà entra in contraddizione col Regolamento stesso, escludendone l’applicazione per moltissime aree umide, proprio come chiesto dal mondo venatorio e limitandone l’applicazione alle zone in cui il divieto è già vigente proprio per mantenere la situazione immutata.

Il Regolamento europeo, è bene ricordarlo, è stato emanato per evitare che l’utilizzo del piombo (sostanza neurotossica) nelle zone umide provochi inquinamento diffuso e determini gravi conseguenze sia per gli uccelli, sia per la salute umana.

Il secondo motivo di contestazione riguarda la mancata attuazione del Piano di azione nazionale per il contrasto degli illeciti contro gli uccelli selvatici. Il Piano del 2017, denuncia la Commissione, è essenzialmente rimasto sulla carta mentre il bracconaggio continua ad essere una vera e propria emergenza nazionale. Fra le contestazioni della Commissione spicca la situazione grave delle polizie provinciali, oramai depotenziate, e l’assoluta mancanza di informazioni dettagliate sul fenomeno.

Il terzo motivo di contestazione riguarda la caccia su specie di uccelli durante la migrazione e su specie in cattivo stato di conservazione in assenza di piani di gestione o, quando presenti, di piani non attuati. Qui la Commissione ha richiamato l’assoluto obbligo di attenersi alle date di migrazione prenuziale indicate nel documento Key Concept e, in particolare, ha evidenziato il mancato rispetto di queste date da parte di Calabria, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Piemonte, Lombardia, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Umbria, Veneto e Provincia di Bolzano.

La Commissione ha altresì stigmatizzato il fatto che vi siano 21 specie cacciate che versano in cattivo stato di conservazione, che per 17 di queste non vi sia un piano di gestione e che per quattro specie (allodola, coturnice, tortora selvatica, moriglione) i piani formalmente approvati siano, nei fatti, ampiamente disattesi.

Il quarto motivo di contestazione riguarda infine la pratica di utilizzare gli elicotteri in Piemonte per il recupero dei cervi abbattuti durante l’attività venatoria, senza che sia svolta una valutazione dell’incidenza negativa che questa attività potrebbe comportare sui siti della rete Natura 2000.

“Con l’apertura di questa nuova Pilot – dichiarano Cabs, Enpa, Lac, Lav, Legambiente, Lipu-BirdLife Italia e WWF Italia – a cui va data risposta entro il 18 settembre prossimo, la Commissione europea mette sotto esame buona parte del sistema-caccia autorizzato dalle Regioni e dallo Stato italiano. Le numerose infrazioni commesse toccano il cuore della protezione e conservazione della natura e, fatto particolarmente grave, sono reiterate da molto tempo, in evidente violazione di norme e regole comunitarie e nazionali.

“Per non aggravare il quadro delle contestazioni – proseguono le Associazioni – chiediamo alle Regioni di adeguare immediatamente i calendari venatori alle indicazioni pervenute dalla Commissione, al Ministro dell’Ambiente di sospendere subito la caccia alle 21 specie in cattivo stato di conservazione e, inoltre, di rispondere alla Commissione favorendo, finalmente in Italia, la legalità in campo di tutela della biodiversità e dell’avifauna ambientale. L’alternativa – concludono – è la procedura di infrazione, la condanna della Corte di Giustizia e il favorire l’illegalità in palese contrasto all’obbligo di tutela costituzionale di ecosistemi, biodiversità e animali”.

La Sezione LIPU di Venezia

                                                             Il delegato dott. Gianpaolo PAMIO

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Notizie dal territorio

Villaggio Turistico Eraclea Village: Osservazioni alla Variante al Piano Urbanistico Attuativo

                                                            

Spett.le
Regione del Veneto Unità Organizzativa Impatto Ambientale
valutazioniambientalisupportoamministrativo@pec.regione.veneto.it

e, p.c. 

Spett.le
Regione del Veneto
Direzione Ambiente
ambiente@pec.regione.veneto.it

Spett.le
Unità Organizzativa per il Genio Civile della Regione Veneto competente per la provincia di Venezia
civile@pec.regione.veneto.it

Venezia, lì 13 settembre 2023

Oggetto: Procedura di Autorizzazione Unica Regionale in merito al progetto del Villaggio Turistico Rurale denominato Valle Ossi nel Comune di Eraclea (VE). OSSERVAZIONI

PREMESSA-IL VILLAGGIO TURISTICO INTEGRATO

La Variante al Piano Urbanistico Attuativo (di seguito PUA), sulla base di quanto indicato nel Rapporto Ambientale (di seguito R.A.), prevede la realizzazione di un insediamento per ricettività turistica, denominato “Villaggio Turistico Integrato”, esteso circa 251 ettari con ubicazione prevalente in territorio agricolo (Valle Ossi), comprendente in sintesi quanto segue:

  • un Villaggio Turistico all’aria aperta (camping) di circa 94 ettari di estensione, comprensivo di 3200 – 3500 piazzole (di superficie compresa tra i 150 e i 200 mq ciascuna), piscine, campi da tennis, campi da calcetto, impianti per le attività polivalenti, strutture commerciali e con una capacità insediativa di circa 12800 – 14000 presenze giornaliere;
  • un Villaggio Nautico con un’estensione di circa 5.6 ettari in grado di ospitare 150 imbarcazioni;
  • un Parco Territoriale, di circa 54 ettari, dove gli ospiti del campeggio potranno svolgere attività di running, fitness all’area aperta, volo di aquiloni, passeggiate con animali da compagnia e ciclobike; 
  • un Parco Turistico Rurale di circa 72 ettari.

L’area oggetto dell’intervento confina a sud – ovest con l’ambito naturalistico denominato “Alveo di foce del Piave” (Ambito fluviale FL12) e verso il mare con la sottile area denominata “VE053 Laguna del Morto”, compresa all’interno del sito Natura 2000 ZSC IT3250013 “Laguna del Mort e pinete di Eraclea”.

Se ne deduce che, considerando anche le presenze consentite nel Villaggio Nautico, nel Parco Turistico Rurale e nel Parco Territoriale, la capacità ricettiva complessiva andrà a superare le 15000 persone, più dei circa 12000 abitanti del territorio comunale o di quelli analoghi del Comune di Caorle.

OSSERVAZIONI

PIANO TERRITORIALE REGIONALE DI COORDINAMENTO VIGENTE (PTRC)

Si legge nel R.A. (pag. 47): “il progetto in esame si colloca in un rapporto di coerenza con il PTRC vigente”, in particolare, con l’art. 33 riguardante “l’ambito per l’istituzione di parchi e riserve naturali ed archeologiche e aree di tutela paesaggistica”. Diverse sono invece le conclusioni deducibili dalla lettura dell’articolo 34 del PTRC che riporta: “è vietata la modificazione dell’assetto del territorio nonché qualsiasi opera edilizia, con esclusione degli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l’aspetto esteriore degli edifici”. 

Tale normativa è valida per l’ambito indicato nella tavola 9.44 del PTRC, all’interno del quale ricade parte del PUA. Questo divieto è tuttora vigente data la carenza del prescritto “Piano di Settore”, indispensabile per consentire la decadenza di detta norma transitoria. Il divieto è ribadito al successivo titolo 7 del PTRC “Norme Specifiche di Tutela”. 

Anche per la parte del PUA esterna al perimetro vincolato dal PTRC l’indicata coerenza non è condivisibile, dato il rilevante carico antropico insediabile in adiacenza all’area di rilevante valore paesaggistico-ambientale, destinata alla valorizzazione ambientale e già danneggiata dal carico antropico prodotto da una frequentazione minimale rispetto a quella che potrebbe essere generata dal PUA.

Si ricorda l’origine della citata norma di tutela del “PTRC con valenza paesaggistica”, richiamata all’art. 53: “dalla data di adozione del P.T.R.C. cessano di avere efficacia ex art.1 quinquies Legge 431/1985 le previsioni dei decreti emanati ai sensi del D.M. 24 settembre 1984 nella parte in cui prevedono l’inibizione delle trasformazioni territoriali”. Per la valenza paesaggistica del PTRC l’inibizione originaria della legge è sostituita dalla norma di quest’ultimo fino all’approvazione del “Piano di Settore”, con specifica considerazione dei valori paesistico ambientali”. In carenza dell’approvazione del piano col prescritto contenuto resta quindi vigente il citato divieto. 

PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PROVINCIALE, VENEZIA (PTCP)

Relativamente al Piano Territoriale Provinciale il R.A. rileva (pag. 61), in corrispondenza dell’ambito del PUA, la presenza di vincoli paesaggistici, di rischio idraulico e idrogeologico (richiamato il Piano Assetto Idrogeologico), di aree di valore ambientale, di corridoi ecologici e dell’ “Ambito per l’istituzione di parchi” in applicazione dell’art. 33 del PTRC. Oltre a riconoscere il valore ambientale del luogo, il R.A. ne sottolinea “l’instabilità geomeccanica e morfologica”, il pericolo rappresentato dalla subsidenza, dell’eustatismo e del rischio idraulico con conseguente rischio di esondazione del fiume Piave e la possibilità di inondazione dal mare. Il R.A. sostiene la coerenza del PUA con il PTCP “soprattutto in riferimento alle strategie relative al sistema insediativo, che in quest’area prevedono la realizzazione di aree destinate a servizi e produttivo”. 

Come risulta dalla visione della cartografia del PTCP alla tav. 3.1, parte del PUA ricade però entro il perimetro che nella legenda corrisponde ad “Ambito di tutela per la formazione di parchi e riserve naturali di competenza provinciale (PTRC vigente art. 34) – art. 21”, dove quest’ultimo indica l’articolo del PTCP vigente di riferimento e tra parentesi la norma vigente del PTRC (della quale si è già detto sopra).

Detta coerenza con le “aree destinate a servizi e produttivo” non trova peraltro corrispondenza con l’indicazione della tav. 4.1 del PTCP dalla quale emerge che le attività ricettive non sono comprese alla definizione “produttivo” e nemmeno “servizi”. La citata destinazione “produttivo” è, inoltre, localizzata nel PTCP in modo da interporre dal limite della fascia boscata litoranea alcune centinaia di metri liberi (zona agricola), invece compresi nel PUA.

Contrariamente a quanto affermato dal R.A., il PUA è, quindi, contrastante col PTCP (tavola 3.1) nella parte adiacente il confine sud, oltre che incongruo con altre indicazioni presenti nella tav. 4.1 (che non prevede l’insediamento di attività ricettive) e con il lungo elenco di vincoli sopra citati (paesaggistici, idraulico, ambientale) riportati in altre tavole del PTCP. 

PIANO DI ASSETTO DEL TERRITORIO (PAT) DI ERACLEA

Il PUA classifica l’ambito nel suo complesso come “contesto territoriale destinato alla realizzazione di programmi complessi” (Polo nautico integrato di Valle Ossi) ove è consentita “un’urbanizzazione programmata.”, con “La specifica destinazione d’uso per tale ambito a Turistico-ricettivo / Servizi.” Tale indicazione conclusiva dedicata alla normativa del PAT è il seguito di altre preliminari per l’area del PUA, riportate sempre dal R.A. (pagg. 65-66), relativamente alle costruzioni che “possono indurre sostanziali modificazioni nell’assetto idrodinamico della falda”. Nulla viene indicato relativamente alla possibilità di coesistenza tra tali premesse e la previsione insediativa, analogamente a quanto avviene relativamente allamancanza del ““Piano di Settore”, già segnalata, e sul conseguente divieto di trasformazione del luogo prescritto dall’art. 34 del PTRC e ulteriormente precisate dal relativo titolo 7. Relativamente alla destinazione d’uso “Turistico-ricettivo/Servizi”, si rileva la differente indicazione del PTCP, “a servizi e produttivo”, che non indica la ricettività turistica pur mantenendo l’obbligo della conformità al piano sovraordinato, ovvero proprio il PTCP. 

Altra incongruenza, non solo formale, che non trova seguito nel PUA, è la possibilità richiamata di “sostanziali modificazioni nell’assetto idrodinamico della falda”, che prospetta la possibilità di accelerazione della subsidenza nei territori della bonifica idraulica prossimi alla fascia litoranea. In queste aree (attualmente in erosione) il PAT, infatti, segnala che la risalita del cuneo salino e la salinizzazione del suolo generano un’accelerazione dell’abbassamento del suolo, compromettendo la sicurezza idraulica, la stabilità degli edifici esistenti e di futura costruzione, la fertilità del suolo e la biodiversità. Permane, inoltre, per parte del PUA il divieto di “modificazione dell’assetto del territorio nonché qualsiasi opera edilizia, con esclusione degli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l’aspetto esteriore degli edifici”.

PIANI, PROGETTI E INTERVENTI SINERGICI O CUMULATIVI 

Per valutare gli impatti significativi che l’attuazione del PUA potrebbe avere sull’ambiente e sul patrimonio culturale, tenendo conto degli impatti degli altri piani/progetti che contribuiscono a determinare le condizioni per uno sviluppo sostenibile, il R.A. (pag. 123) prende in considerazione solo il progetto LIFE REDUNE, lo “Studio e monitoraggio per la definizione degli interventi di difesa dei litorali dall’erosione nella Regione Veneto – Linee guida” e il PAT del Comune di Eraclea. Restano, pertanto, esclusi piani urbanistici vigenti come, ad esempio, quelli dei Comuni contermini (Jesolo e Caorle), che, a fronte di previsioni insediative turistico ricettive ancora più rilevanti del PUA in questione, mantengono in comune con Eraclea la dipendenza dalle fonti di approvvigionamento idrico e dalla rete stradale primaria.

La dipendenza da comuni fonti di approvvigionamento idrico, di derivazione fluviale e di falda (che già sconta le difficoltà dovute all’eccesso dei prelievi rispetto alla disponibilità del deflusso fluviale e di ricarica degli acquiferi del sottosuolo) ripropone le problematiche connesse alla subsidenza del suolo in parte già emerse in precedenza per il PAT, che “possono indurre sostanziali modificazioni nell’assetto idrodinamico della falda” e compromettere la fertilità del suolo e la biodiversità. Le stesse problematiche per le quali la Commissione VAS regionale, con Parere n°113 del 08.08.2018, ha richiesto approfondimenti del R.A. riguardanti “… fonti di approvigionamento… influenza sull’intrusione del “cuneo salino”, e sugli effetti da questa derivati”, problematiche destinate invece a non trovare risposta poiché essenziali effetti sinergico-cumulativi restano non considerati.

Relativamente all’interdipendenza dalla rete viaria primaria per l’accessibilità al litorale, sono note le condizioni di servizio congestionato delle infrastrutture esistenti dovuto al flusso turistico che arrivano a generare condizioni di criticità ambientale della fascia litoranea e che contribuiscono ad alimentare, anche al di fuori dei luoghi di destinazione, il livello non certo soddisfacente della qualità dell’aria. Le problematiche descritte sarebbero incrementate dalla realizzazione del PUA e avrebbero dovuto essere considerate e approfondite dal R.A.. L’omessa trattazione contribuisce a pregiudicarne il contenuto e l’attendibilità.

AMBITO DI INFLUENZA TERRITORIALE

Nel R.A. si legge (pag. 125): “Secondo quanto riportato nelle linee guida di ISPRA 124/2015 l’ambito di influenza territoriale non coincide necessariamente con l’ambito geografico o amministrativo di riferimento del P/P. Tale ambito deve comprendere, in ogni caso, tutte le aree interessate dagli effetti del P/P, sulla base di una stima conservativa. … Vanno considerati anche gli aspetti ambientali interessati indirettamente dalle azioni del P/P, ad esempio attraverso interazioni del P/P con altre attività antropiche che a loro volta determinano pressioni/effetti sull’ambiente. Nell’ambito della presente valutazione l’ambito di influenza del Piano è stato determinato considerando nel dettaglio le azioni previste dal Piano e la loro localizzazione e tutte le aree potenzialmente interessate dagli impatti”.

Si tratta di asserzioni di carattere generale, che trovano, tuttavia, nel R.A. un inadeguato riscontro. Nella figura 5-1 del R.A. è, infatti, riportato un “perimetro dell’ambito di influenza territoriale relativo alle componenti atmosfera, acqua, suolo agenti fisici, traffico”, limitato e insufficiente ad individuare correttamente l’ambito di influenza territoriale al quale rapportare le valutazioni per le componenti citate. 

Le tematiche, precedentemente citate, dell’approvvigionamento idrico e della rete infrastrutturale primaria, certamente interferiscono con le componenti indicate quali acqua, suolo, atmosfera, traffico anche all’esterno del perimetro indicato. 

SUBSIDENZA

La Commissione Regionale VAS, con il citato parere n.113, ha chiesto un approfondimento degli effetti della subsidenza anche in prospettiva futura. La sua trattazione, nel R.A., risulta di fatto suddivisa in più parti (in riferimento ai vari aspetti concorrenti alla determinazione del fenomeno), prive, per di più, del necessario approfondimento e basate su studi datati (L. Tosi e L. Carbognin, 2003), pur in presenza di pubblicazioni ISPRA molto più recenti sull’argomento.

Secondo il R.A. (pag. 157), nell’area in oggetto la subsidenza presenta una rilevanza medio-alta, caratterizzata da un valore medio annuale compreso tra -3 mm/anno e -2 mm/anno (quindi in appena un decennio l’abbassamento del suolo è dell’ordine dei 2-3 cm). Il dato è certamente rilevante, ma, ancor più se lo si considera in rapporto all’area litoranea in questione, dove sono noti problemi di erosione e altri fattori concomitanti che aggravano ulteriormente il fenomeno. Sull’argomento il R.A. si limita a sottolineare che “…per le zone nord-orientali le aree potenzialmente a rischio sono quelle interessate da emungimenti di acque per diverso uso, quelle caratterizzate da sedimentazione recente deltizia e le bonifiche, spesso soggiacenti il livello marino.”, senza alcun approfondimento conseguente, sebbene specificamente richiesto.

Ai fini di una corretta trattazione del fenomeno subsidenza sarebbe stato necessario tener conto di vari fattori in gioco nell’area, come la localizzazione litoranea di rilevanti incrementi insediativi prevista dai piani urbanistici vigenti, il conseguente incremento dei prelievi idrici, l’erosione del litorale, la penetrazione del cuneo salino e il fenomeno dell’eustatismo (3.68 mm./anno negli ultimi 20 anni). Tutti fattori che potrebbero essere implementati dalla realizzazione del Villaggio Turistico e dagli scavi previsti per la darsena. 

INTRUSIONE SALINA

La Commissione regionale VAS, col citato Parere n. 113, ha richiesto approfondimentianche per il tema dell’intrusione salina. Il R.A. (pag. 173), a questo proposito, si limita a sottolineare: “…per le aree oggetto di analisi si ricorda tuttavia che non sono previsti emungimenti né per usi idropotabili né per usi termali e che dalle analisi geognostiche non si sono rilevati orizzonti di materiale organico negli strati superficiali eventualmente interferibili. Per quanto riguarda l’intrusione salina poi si può ritenere che le modifiche al sistema idraulico sia in termini di cadente piezometrica che di circuitazione interna delle acque porterà un probabile miglioramento del contrasto all’intrusione salina, fenomeno in questo momento in atto nella porzione sud est dell’area.”. La conclusione è il probabile miglioramento del contrasto all’intrusione salina derivato dalle opere previste dal PUA. Tale valutazione è data in carenza dei presupposti conoscitivi indispensabili. Nulla si legge, ad esempio, relativamente agli effetti concorrenti riconducibili alla gestione del deflusso dei bacini fluviali, delle accelerate dinamiche dell’eustatismo dei due ultimi decenni, dell’erosione costiera, ecc, oltre che delle interferenze eventuali derivate dalle opere consentite dal PUA. Il R.A. non considera neppure la possibilità di effetti cumulativi con quanto previsto da altri piani/progetti.

La carenza della trattazione dell’argomento prodotta dal R.A. è ulteriormente avvalorata da quanto si legge a pag. 194, nella parte dedicata ad “Acque sotterranee” dove compare nuovamente l’argomento “Intrusione salina”. E ancora una volta si legge una trattazione a livello generale della problematica, con riferimento al citato testo del 2003: “L’intrusione o contaminazione salina è un problema grave non solo per l’inquinamento delle acque sotterranee ma anche perché può innescare, con la salinizzazione dei sedimenti, il collasso delle argille superficiali per la variazione del chimismo della loro parte umida, … che porta quindi all’accentuare di un altro fenomeno molto impattante per le zone costiere: la subsidenza …”. Il R.A. indica, poi, criticità quali “intrusione del cuneo salino ha negli ultimi anni assunto proporzioni preoccupanti, sia per frequenza, che per estensione … le forti salinità, registrate per molti giorni consecutivi, a distanze anche di 25 – 30 km per certi fiumi… La causa principale del fenomeno, è l’abbassamento delle portate dei fiumi…”.

Il R.A., nella parte delle conclusioni (pag. 340), si limita a riconoscere che: “Nel territorio in oggetto non sono stati condotti specifici studi atti a definire l’esatto andamento del cuneo salino nelle acque di falda. La complessa struttura idrogeologica locale è la principale causa delle difficoltà analitiche nello studio di tale fenomeno” e conclude la questione affermando che: “…permangono le situazioni di minaccia legate al fenomeno di erosione delle coste e di avanzamento del cuneo salino non risolvibili se non con interventi strutturali, le opportunità generate dalla Variante al PUA vigente consentono la valorizzazione e fruizione del sistema ambientale e rurale con caratteri di reversibilità migliorando le relazioni tra l’insediamento di Eraclea mare e il nuovo villaggio, la diversificazione dell’offerta turistica con un incremento dell’occupazione”.

La problematica subsidenza-cuneo salino non è sostanzialmente indagata e lascia spazio solo a una prospettiva di valorizzazione economica dell’area interessata, senza tener conto delle penalizzazioni per la collettività che potrebbero essere indotte dall’alterazione delle componenti ambientali e paesaggistiche e dagli effetti, indiretti, derivati dal PUA. E senza alcun seguito per il richiesto approfondimento della Commissione VAS.

I valori economici in gioco non sembrano irrilevanti e non solo per il settore agricolo ma anche per l’attività turistica (già insediata e futura) della fascia litoranea, oltre ai costi imposti dalla sicurezza idraulica. 

IMPATTI INDIRETTI

Dopo una rapida liquidazione delle ricadute al suolo causate da traffico e da altri sistemi di combustione, Il R.A. (pag. 175) sostiene che: “Le interferenze date dalle ricadute al suolo siano annualmente comparabili con le interferenze date da fertilizzanti ed antiparassitari forniti alle colture dell’area”. Riconosce, inoltre, che: “Altra modifica indiretta dello stato di fatto del sistema suolo/sottosuolo che potrebbe derivare dalle attività di variante è la modifica dei processi di salinizzazione dei suoli soprattutto a ridosso del comparto UMI 2 Villaggio nautico e del già compromesso marginamento sud orientale.”. Subito dopo, però, afferma che: “…le attività derivanti dalla variante potrebbero migliorare le condizione di risalita del cuneo salino”, sottolineando che: “le diverse densità di acque dolci e salate porta l’acqua dolce a sovrastare l’acqua salata” e concludendo: “….sembra molto difficile che eventuali orizzonti salmastri presenti nel fondo della darsena possano filtrare in maniera significativa verso il bacino oggetto di variante”. Ancora una volta la trattazione è generica/superficiale e contraddittoria, oltre che carente degli approfondimenti richiesti dalla Commissione VAS, anche relativamente alle problematiche riconducibili alla darsena.

IL SISTEMA DI CAPTAZIONE E PRODUZIONE ACQUA POTABILE

Nel R.A. (pag. 198; lo stesso testo è riproposto pag. 301 sotto la voce “Approvvigionamento Idropotabile”) si legge che l’approvvigionamento idrico del comune di Eraclea, con altri 11 Comuni, è servito dal Consorzio per l’Acquedotto del Basso Piave.

L’acqua in parte proviene da pozzi artesiani e in parte da acque superficiali di fiumi; quattro punti di approvvigionamento, dei quali due sono campi pozzi e due impianti di captazione di acque superficiali. Il consumo di acqua potabile del territorio comunale indicato è circa 1,5 milioni di mc. (ultimo dato 2014). La trattazione dell’argomento si conclude ricordando il parere del fornitore (Veritas S.p.A.), che subordina l’approvvigionamento alla realizzazione di un nuovo serbatoio di accumulo di acqua potabile, circa 4.000 m3, e il potenziamento del pompaggio esistente a garanzia dell’approvvigionamento idrico nei momenti di massima richiesta. 

Il R.A., ancora una volta, elude le richieste di approfondimento della Commissione VAS in merito alle possibili fonti di approvvigionamento idrico e alle possibili conseguenze sull’intrusione del cuneo salino. Non è dato sapere, ad esempio, quali saranno gli effetti dell’ulteriore prelievo sulla portata del Sile (probabilmente non irrilevanti dati i milioni di metri cubi d’acqua in gioco) e neppure se questo fiume riuscirà a mantenere una portata adeguata, anche alla foce, per evitare l’aggravamento del già segnalato pericolo subsidenza-eustatismo-cuneo salino, considerando la dipendenza di Jesolo dall’acquedotto del Sile e la prossimità a quest’ultimo (opera di presa) raggiunta dal cuneo salino.

Sarebbe stato necessario, inoltre, verificare il rispetto delle norme vigenti in materia di qualità dei corpi idrici, derivate dalla direttiva 2000/60/CE (Direttiva Quadro sulle Acque – DQA) per migliorare lo stato delle acque e assicurare un utilizzo sostenibile, a lungo termine, delle risorse idriche disponibili.

BIODIVERSITA’, RETI ECOLOGICHE, FLORA E FAUNA

Il R.A. al capitolo 5.5.4.2 (avifauna) riporta: “…l’ambito di intervento in esame è posto all’interno di un territorio attualmente occupato da culture di tipo estensivo a seminativi (mais, soia, colza, etc.). I dati che emergono per quanto riguarda le presenze avifaunistiche nell’area rispecchiano il fatto che i seminativi irrigui e, in particolare, le coltivazioni a mais, sono gli ambienti agrari con la minor diffusione di specie selvatiche ed indici di biodiversità molto bassi. Escludendo gli ambiti dei canneti del Fiume Piave e del biotopo della Laguna del Mort, all’interno delle aree di intervento viene segnalata la presenza di specie piuttosto diffuse ed antropofile, poco esigenti dal punto di vista ecologico ed adattate ad ambienti con elevata pressione antropica, quali le aree ad agricoltura intensiva (quali gallinella d’acqua, pavoncella, colombaccio, tortora dal collare, tortora selvatica, merlo, ghiandaia)”. Il Rapporto riporta, nella tabella 5-61, le specie presenti nell’ambito progettuale ricavate dalla consultazione di recenti pubblicazioni come il “Nuovo Atlante degli uccelli nidificanti e svernanti in Provincia di Venezia” (Bon M., Scarton F., Stival E., Sattin L., Sgorlon G. (a cura di), 2014 o del Formulario Standard del sito. Nel capitolo 5.5.5 espone anche un lungo, dettagliato elenco dei fattori perturbativi presenti nell’ambito di intervento imputabili alle attività agricola intensiva, alla fruizione dell’ambito e alle infrastrutture esistenti: rumore dovuto all’utilizzo di mezzi agricoli, uccisione accidentale di specie faunistiche, traffico di mezzi motorizzati soprattutto nei fine settimana…

In sintesi il R.A. sembra voler attribuire un basso interesse conservazionistico alle specie ornitiche presenti nell’ambito di intervento e amplificare i fattori perturbativi dovuti alle attività agricole. Si tratta di conclusioni infondate e fuorvianti. In Europa, molte specie ornitiche mostrano, da decenni, un cattivo stato di conservazione. Le specie legate agli ambienti agricoli sono quelle che destano maggior preoccupazione. Il Farmland Bird Index per l’Italia, calcolato tra il 2000 e il 2010 mostra un andamento negativo concentrato nelle aree della Pianura Padana e, in particolare, della Provincia Veneta. Il calo è dovuto, con ogni probabilità, all’industrializzazione delle pratiche agricole e alla sottrazione di habitat determinata dal consumo del suolo dovuto all’urbanizzazione. 

L’intensificazione delle pratiche agricole implica spesso una diminuzione dei già residui spazi naturali, l’inquinamento del suolo e delle acque. Si tratta, tuttavia, di pratiche reversibili i cui effetti negativi possono essere attenuati/annullati attivando adeguate pratiche agronomiche: mantenimento di prati stabili e pascoli; conversione dei seminativi in prati e pascoli; creazione e mantenimento di superfici a riposo e di zone con presenza di arbusti e rovi; agricoltura biologica. Al contrario, la costruzione di infrastrutture e le opere di urbanizzazione determinano una perdita di habitat non più recuperabile con conseguente scomparsa delle specie più sensibili.

Nella tabella 5-61 del R.A. mancano, molte specie pur riportate nell’Atlante e/o nel Formulario standard del sito Natura 2000, che si trovano in uno sfavorevole stato di conservazione. Si citano, di seguito, solo alcuni esempi: allodola (Alauda arvensis): la specie è classificata Vulnerabile nella Lista Rossa degli uccelli nidificanti in Italia per il rischio di estinzione (Peronace et al., in stampa). in Provincia di Venezia ha subito un calo del 54.7%; saltimpalo (Saxicola torquatus): è specie considerata come Vulnerabile a livello nazionale. La sua popolazione in Provincia di Venezia ha registrato un decremento del 46.9%; cappellaccia (Galerida crestata): anche questa specie è considerata Vulnerabile a livello nazionale. Il suo decremento in Provincia è del 34.2%; beccamoschino (Cisticola juncidis): in Provincia di Venezia gode di uno sfavorevole stato di conservazione e il suo calo è stato del 30.29% rispetto alle precedenti rilevazioni; passera d’Italia (Passer italiae): la sua popolazione nazionale è stata stimata in 5-6 milioni di coppie nidificanti negli anni ’80 e in meno di 2-3 milioni di coppie nell’ultimo decennio; passera mattugia (Passer montanus): considerata in Europa come specie in declino (BirdLife International, 2004) e classificata in Italia come Vulnerabile nella Lista Rossa); averla piccola (Lanius collurio): specie in allegato I della direttiva Uccelli, la sua popolazione italiana viene classificata Vulnerabile. In Provincia di Venezia ha registrato una contrazione distributiva del 50%. Indicata come nidificante nel precedente Atlante e come svernante nel Formulario Standard è nidificante presente nell’area di intervento nella stagione riproduttiva (Zanetti M., 06.2015, osservazione personale).

L’area oggetto dell’intervento, indicata nel PTRC del 1992 come “ambito agricolo con buona integrità” si estende per circa 250 ettari. Considerato che circa due terzi di questo territorio subiranno un’alterazione/cementificazione e che le 14000 presenze turistiche giornaliere previste faranno salire esponenzialmente tutti i fattori perturbativi citati precedentemente (uccisioni accidentali di specie faunistiche, rumori, traffico, aumento delle specie autoctone problematiche…), si deve concludere che l’impatto sull’avifauna sarà elevato e implementerà, inevitabilmente il trend negativo delle specie ornitiche sensibili legate agli ambienti agricoli.

Impatti nelle aree esterne all’ambito progettuale La creazione di un porto turistico comporta una serie di possibili impatti all’interno dell’ambito di intervento e sugli ecosistemi limitrofi sia durante la fase di realizzazione (con inquinamento di tipo acustico, atmosferico, idraulico, produzione di rifiuti e reflui…), sia durante la fase di esercizio (con inquinamento causato da olio nelle acque di raffreddamento dei navigli, dalla perdita di combustibile durante la navigazione, dagli sversamenti accidentali nelle acque degli idrocarduri e di sistemi antivegetativi applicati alle chiglie dei natanti, ecc). 

Con la creazione di una nuova darsena è prevedibile un incremento dei passaggi delle imbarcazioni lungo il Piave, soprattutto nel periodo di nidificazione, con disturbo/allontanamento soprattutto nella foce del fiume e nel corridoio ecologico del canale Revedoli dell’avifauna più sensibile al disturbo antropico come il tarabusino (Ixobrychus minutus), il martin pescatore (Alcedo atthis) e l’airone rosso (Ardea purpurea). Queste specie, per il loro sfavorevole stato di conservazione, sono incluse in allegato I della Direttiva Uccelli: le minacce segnalate sono” Attività di pesca, danni agli argini e ai canneti, movimento dei natanti lungo l’asta fluviale”).

Gli impatti segnalati andrebbero, inoltre, ad accumularsi a quelli prodotti dalle “numerose darsene che sorgono in prossimità dell’ambito di intervento sia lungo il canale Revedolisia lungo il fiume Piave” (R.A. pag. 215).

Impatti sugli habitat Il progetto prevede l’urbanizzazione a campeggio per una capienza di 14.000 villeggianti, con realizzazione di strutture di servizio e piscine, ma con l’evidente intento di offrire agli stessi la possibilità di fruire l’arenile prospiciente a Valle Ossi compreso tra la foce del fiume Piave e la bocca di porto della darsena di Marina di Eraclea (Eraclea, VE). Tale intento è esplicito: “la Variante al PUA prevede, in fase di esercizio, la gestione e la regolamentazione dei flussi di attraversamento degli ambiti più sensibili, con lo staccionamento degli accessi e dei percorsi esistenti e l’installazione di cartellonistica informativa lungo i sentieri che conducono verso la pineta, l’arenile e la Laguna del Mort” (Rapporto Ambientale pag. 220). 

Attualmente l’arenile è formato da una banchina di cemento per oltre la metà del suo complessivo sviluppo (pari a circa 1,5 km) e da una spiaggia esigua, in ragione dei vistosi fenomeni di erosione verificatisi negli ultimi decenni. Il R.A. (pag. 223), probabilmente, confida negli interventi della Regione Veneto “di difesa costiera e ripascimento di questo tratto di litorale definendo condizioni di maggiore sostenibilità della fruizione turistica, che si sposterà dagli ambiti di duna”. Una prospettiva che però è ancora a livello di “Linee Guida” per la gestione integrata della zona costiera, non di piano o progetto approvato.

Già nella condizione attuale la presenza balneare di poche centinaia di persone determina un impatto di entità assai elevata nonostante la presenza di sentieri d’accesso che attraversano la pineta e la zona dunale attuati nell’ambito del progetto Life Natura “Azioni concertate per la salvaguardia del litorale veneto” (“Life dune”), proprio per contenere i flussi turistici e mitigare lo impatto antropico. Una rete fittissima di sentieramenti informali devasta le dune grigie e la pineta (tonnellate di rifiuti abbandonati in vistosi cumuli) nonchè ridotta a “latrina naturale” in quanto non sussistono servizi igienici. Una situazione della quale il R.A. sembra non tenere conto, come degli effetti poco significativi della presenza delle opere del citato “Life Dune”. Ad opera di migliaia di vacanzieri è presumibile una compromissione degli habitat delle depressioni palustri che nei mesi estivi risulteranno asciutte e percorribili, saranno interessate dall’attraversamento le dune grigie e le dune marine che si troveranno già ridotte per l’erosione dalle mareggiate invernali. Un ulteriore danno sarà effettuato nei confronti dell’habitat dall’asportazione dei rifiuti e detriti con mezzi meccanici.

Risulta evidente che la presenza di migliaia di persone in un contesto ambientale dielevata importanza naturalistica, ma fragile e di ridottissima estensione, potrà determinare un impatto devastante sugli habitat individuati nell’Allegato I della Direttiva Habitat presenti nel sito IT3250013 tra cui, in particolare, diversi di interesse prioritario come l’habitat 2270 (Dune con foreste di Pinus pinea e/o Pinus pinaster), il 2130 (Dune costiere fisse a vegetazione erbacea “dune grigie”).

Impatto sulla flora e sulla fauna Da quanto esposto in precedenza risulta evidente che non soltanto gli habitat, ma, logicamente, la stessa biodiversità dell’area subirà un danno potenzialmente devastante. Le specie floristiche di importanza naturalistica elevata, per l’interesse estetico, fitostorico e fitogeografico presenti nei diversi habitat citati sono numerose (vedi copiosa bibliografia sul tema e in particolare: Zanetti Michele, 1998-2018, Flora e Fauna della Pianura Veneta Orientale, nn 1-20, Associazione Naturalistica Sandonatese, Noventa di Piave, VE) ed è facile prevedere un impatto tale da determinare la scomparsa locale di alcune specie, quali Orchis palustrisNeottia nidus-avisLinum maritimumCalystegia soldanellaSchoenoplectus tebernaemontaniClematis rectaTrachomitum venetum, ecc. ecc.

Se tale può rivelarsi con certezza, in ragione dell’entità delle presenze e dei passaggi sull’area, l’impatto sulla flora notevole dell’area, non meno importante può rivelarsi quello sulla fauna. Tale impatto potrà determinare danni gravi alla erpetofauna (negli habitat idonei dell’area di litorale è presente la più consistente popolazione di ramarro – Lacerta bilineata – dell’intero Veneto Orientale), alla teriofauna (Insettivori, Mustelidi) e all’avifauna nidificante. Si ricorda, a questo proposito, che nell’area sono nidificanti la beccaccia di mare (Haematopus ostralegus), il succiacapre (Caprimulgus europaeus), la cannaiola verdognola (Acrocephalus palustris), l’occhiocotto (Sylvia melanocephala), l’usignolo (Luscinia megarhynchos), l’averla piccola (Lanius collurio) e numerose altre specie divenute rare nella bassa pianura retrostante, come conseguenza della trasformazione e semplificazione dell’habitat riproduttivo.

Molti dei fattori di pressione e di minaccia che determinano la vulnerabilità del sito, descritti nello stesso Formulario Standard della ZSC: “Elevata pressione antropica a scopo turistico-balneare; forti problemi legati alla gestione degli arenili…”, sarebbero enormemente implementati dalla realizzazione del progetto, con un effetto negativo sul grado di conservazione delle specie in Direttiva.

Considerazioni Negli scorsi anni LIPU e WWF, hanno presentato alla Commissione europea approfonditi lavori di documentazione sulla cattiva applicazione della Valutazione d’incidenza nel nostro Paese.

Nel luglio 2014, la Commissione – Direzione Generale “Ambiente” ha reso noto di aver aperto la procedura di indagine EU Pilot 6730/14/ENVI “diretta ad accertare se esista in Italia una prassi di sistematica violazione dell’articolo 6 della direttiva Habitat” a causa di svariate attività e progetti realizzati in assenza di adeguata procedura di VINCA in aree rientranti in siti di importanza comunitaria (SIC) e zone di protezione speciale (ZPS), componenti la Rete Natura 2000, individuati rispettivamente in base alla Direttiva 92/43/CEE sulla salvaguardia degli Habitat naturali e semi-naturali, la fauna, la flora e la direttiva 2009/147/CE sulla tutela dell’avifauna selvatica.

La stessa Commissione ha evidenziato, in particolare, carenze qualitative nelle relazioni di incidenza ambientale, carenze nelle procedure di VINCA, elusioni, mancanza di trasparenza, scarso coinvolgimento degli enti di gestione di SIC/ZPS, carenze nei riscontri dell’effettivo rispetto delle conclusioni della procedura di VINCA, carenze di professionalità nella predisposizione delle relazioni di incidenza ambientale, assenza di sanzioni per il mancato rispetto della normativa e delle conclusioni della procedura di VINCA.

La Variante PUA in esame è accompagnata da “STUDIO PER LA VALUTAZIONE DI INCIDENZA AI SENSI DELLA DIRETTIVA 92/43/CEE – FASE DI SCREENING”: lo studio si conclude senza evidenziare effetti significativamente negativi sulle componenti ambientali sottoposte a tutela ai sensi della citata Direttiva Habitat. In base a quanto sopra evidenziato in merito ad habitat e specie, tali conclusioni sembrano confermare, ancora una volta, l’adesione solo formale alle procedure di VINCA.

Valutazione Sempre in ragione delle osservazioni sopra espresse si ritiene, infine, che l’urbanizzazione di Valle Ossi, con la relativa “valorizzazione-fruizione” dell’arenile, collocato alla sinistra dell’attuale foce del fiume Piave, sia del tutto incompatibile con criteri minimi di conservazione degli habitat e della biodiversità della fascia ambientale del litorale.

VERIFICA ACCESSIBILITA’-RETE STRADALE

Il R.A., dopo aver elencato le vie di accesso ad Eraclea (autostrada A4 Venezia – Trieste, strada statale SS 14…) evitando però considerazioni sulle problematiche attinenti il relativo livello di congestione da traffico turistico, si occupa della viabilità nel territorio comunale riconoscendo che: “Durante l’alta stagione turistica il traffico può raggiungere livelli molto alti lungo la viabilità primaria. Il traffico è elevato e unito a particolari colli di bottiglia … Uno dei punti più problematici, dove il traffico tende a formare code e causa rallentamenti, si trova lungo la strada provinciale SP 42, dove questa attraversa il fiume Piave”. Nell’elaborato prodotto nessuna considerazione è riservata agli effetti che potranno derivare alla viabilità primaria, di accesso e interna a Eraclea, dall’interferenza del traffico aggiuntivo generato dal PUA e da altri piani già approvati, anche all’esterno di Eraclea ma dipendenti dalla medesima rete stradale

5.9.3 PAESAGGIO – 5.9.3.1.1 VALORI FORMALI NATURALISTICO-AMBIENTALI E STORICO CULTURALI – 5.9.3.1.4 OBIETTIVI ED INDIRIZZI DI QUALITÀ PAESISTICA- 5.9.3.2 EFFETTI CONSEGUENTI ALLA REALIZZAZIONE DELL’OPERA ALLA SCALA TERRITORIALE 

Data l’interferenza del PUA con l’ambito di tutela paesaggistica denominato “Laguna del Morto”, non considerata anche in questa parte del R.A. e della quale si è già detto in precedenza relativamente al PTRC, è necessaria una premessa sulla normativa vigente, comprendente il divieto di “modificazione dell’assetto del territorio nonché qualsiasi opera edilizia “ che appare inapplicata. La norma di tutela paesaggistica deriva dal PTRC vigente per gli effetti della sua valenza paesaggistica conseguente all’approvazione (nel 1992) in applicazione dell’ex art.1 quinquies della Legge 431/1985 e del conseguente D.M. 24 settembre 1984. E’ da tali presupposti giuridici che deriva la sua approvazione con valenza paesaggistica dalla quale deriva, all’art. 34, la necessità del “Piano di Settore” in carenza del quale consegue ildivieto citato, che di fatto ripropone la tutela transitoria della normativa statale di riferimento in attesa de piano Piano citato con “specifica considerazione dei valori paesistico ambientali” per l’ambito territoriale individuato dalla Tav. 9 del PTRC e richiamato nell’elenco dedicato con “44. Laguna del Morto” per motivazioni quali ”Per i caratteri geomorfologici, floristici e faunistici (ambito importante per la sosta e la nidificazione di diverse specie di uccelli acquatici) questa zona rappresenta un ambiente di elevata importanza naturalistica.” E’ pertanto vigente il citato divieto anche sulla fascia meridionale del PUA, oltre che sulla parte adiacente quest’ultima ma interna all’ambito di tutela paesaggistica considerato.

Nel R.A. (pag. 277) si legge che con il PUA sono perseguiti obiettivi di realizzazione di un nuovo paesaggio riqualificato della costa, di riequilibrio dell’accessibilità e della fruizione dell’area, di recupero delle valenze naturalistiche, oltre che “interventi mirati alla qualificazione e gestione della fruibilità pubblica nonché forme di tutela, valorizzazione e stabilizzazione del sistema naturalistico”. Tali indicazioni non trovano però corrispondenza nel contenuto del PUA che prefigura invece una sostanziale variazione delle connotazioni paesaggistiche dell’area interessata e non proprio la prospettiva di un nuovo paesaggio perseguibile. Tale prospettiva è condizionata non soltanto dalle connotazioni dalle trasformazioni realizzabili nell’area agricola, ancora in buona misura imprecisate nelle connotazioni e rinviate alle successive fasi di progettazione, vedi edifici piscine, piazzali, darsena, ecc., ma in modo rilevante dagli effetti che il nuovo villaggio turistico potrà generare sulle funzionalità ambientali che determinano la caratterizzazione del contesto paesaggistico, di prossimità e più esteso. Ricadute funzionali incidenti sulle peculiarità morfologiche e naturalistiche richiamate e tutelate all’interno dell’ambito del citato art. 34 del PTRC (e ormai scomparse nella prevalenza del restante litorale) e pure sul Piave e un apio intorno oggetto di altri vincoli di tutela paesaggistica. Restano infatti a livello di buone intenzioni i propositi di “tutela, valorizzazione e stabilizzazione del sistema naturalistico” che nel caso dell’ambito della “Laguna del Morto” rinviano soprattutto alle interferenze della frequentazione e dell’attraversamento con le dinamiche naturali che consentono la presenza delle connotazioni paesaggistiche sopra citate. Morfologia del suolo e del sovrastante sistema naturale sono interdipendenti, altamente instabili e l’effetto dei dinamismi naturali non sostituibili con opere di giardinaggio e sentieristica. Già allo stato attuale la frequentazione e attraversamento generano i segni visibili dello stato di degrado preoccupante dei valori paesaggistici tutelati. Un peggioramento appare l’inevitabile conseguenza dall’attuazione del PUA per 15.000 persone aggiuntive che, almeno in parte, saranno interessate alla fruizione della spiaggia con l’inevitabile passaggio attraverso l’area tutelata in questione che si interpone. Per gli effetti prospettabili sulle dinamiche ambientali generatrici dei valori paesaggistici oggetto della tutela di cui all’art. 34 del PTRC, come conseguenza della realizzazione del PUA, si rinvia alla precedente trattazione per ”Biodiversità, …. Flora e Fauna”. Geomorfologia e forme/qualificazione della presenza naturalistica sono incompatibili con incrementi futuri della fruizione dell’arenile e della presenza turistico-balneare, dalle quali potranno maggiori livelli di interferenza della funzionalità ambientale esiziali per la tutela dello stato dei luoghi, analogamente a quanto osservabile in altre parti del litorale veneziano già oggetto di analoghe forme di pesante antropizzazione. In tale prospettiva e già nelle condizioni attuali è visibile l’inutilità di tabelle e tracciati predisposti per l’attraversamento in attuazione del progetto “Life-Dune”. Da rilevare inoltre che il già citato Parere n. 113 della Commissione VAS ha richiesto approfondimenti per la ”definizione delle modalità di accesso al mare, gestione e controllo degli accessi”, richiesta che appare ancora priva di seguito adeguato e che resta essenziale anche per la valutazione della compatibilità paesaggistica. 

Tra le opere comprese dal PUA c’è il villaggio nautico, circa 6 ettari nell’adiacenza dell’argine del Piave prossima al Canale Revedoli. Prevista la conca di navigazione di connessione, attraverso l’argine, del Piave con la darsena, dimensione di circa 2,3 ettari e associata l’edificazione di 20.000 metri quadrati (quindi circa 60.000 mc. di volume edilizio) per la quale sono ipotizzate le fisionomie “come un piccolo borgo”. Questa parte del PUA è caratterizzato da fisionomie e funzionalità che lo differenziano sostanzialmente dalla parte rimanente del villaggio turistico. Estranea all’insieme di morfologie, materiali e vegetazione che caratterizzano il paesaggio dell’ambito fluviale ormai in vista della foce, dove il fiume conserva il tendenziale andamento sinuoso, naturale nella bassa pianura, col contorno di sponda e argine e sovrastante vegetazione differenziata in rapporto alla prossimità all’acqua. Al di là dell’argine c’è la superficie agricola della bonifica idraulica, con ampia visuale, dove la portualità non è storicamente presente anche per le note difficoltà e il pericolo derivati per gli insediamenti dal rapporto con il fiume alpino. E’ dalle peculiarità idrodinamiche di quest’ultimo che deriva l’opera di costruzione della forma fluviale e del litorale, e prima della pianura che sta intorno, e pertanto tali peculiarità non possono essere trascurate al fine della tutela del paesaggio che espressamente riguarda il Piave e poi pure il litorale (art. 142 del D.lgs. 42/2004). Essenziali il volume di deflusso (portata) e la presenza di sedimenti in sospensione (trasporto solido) per le dinamiche ambientali innescate: i sedimenti condizionano l’evoluzione della morfologia dell’alveo fluviale, foce compresa, e più estesamente del litorale. E’ l’interferenza del trasporto solido fluviale con le morfologie conseguenti generate nell’alveo che, notoriamente, ostacola la navigazione e genera la dipendenza di quest’ultima da escavazioni dell’alveo. A queste ultime fanno seguito alterazioni idrodinamiche e conseguente degrado delle morfologie fluviali e litoranee. Pertanto, l’eventualità della realizzazione della darsena prevista richiede la preventiva verifica degli effetti che potranno derivare all’evoluzione morfologica fluviale e litoranea, per evitare ulteriori forme di artificializzazione conseguenti (scogliere, pennelli in roccia, argini, ecc.) e perdita delle fisionomie naturali proprie dei paesaggi tutelati. Vista la decontestualizzazione del Villaggio Nautico e la mancanza di supporti conoscitivi atti alla verifica degli effetti conseguenti alla realizzazione della darsena e connessa navigabilità fluviale, sugli ambiti paesaggistici fluviali e litoranei oggetto di tutela, la sua realizzazione appare non compatibile con le norme di tutela paesaggistica. Da rilevare inoltre che approfondimenti sono stati richiesti dalla citata Commissione regionale VAS, con Parere n. 113, relativamente a “problematiche connesse con la realizzazione della darsena anche in relazione con i vincoli esistenti”, delle quali non si trova riscontro

CONCLUSIONI

Questa parte del R.A. (pag. 338) ripropone argomentazioni di tipo prevalentemente generale confermando quanto emerso nella trattazione puntuale delle tematiche precedentemente indicate. E’ riportato l’elenco degli argomenti di approfondimento riferito al Parere n. 113, in data 8.08.2018, della Commissione Regionale VAS, conseguente alle valutazioni riguardanti la procedura di Verifica di Assoggettabilità per il PUA, senza indicazione del seguito presente nel R.A.. Tale elenco comprende argomenti che in buona parte trovano corrispondenza con le carenze evidenziate nelle presenti osservazioni, a conferma della perdurante necessità di approfondimento di tematiche essenziali ai fini della valutazione della sostenibilità del PUA. Di seguito si riportano gli argomenti indicati in tale elenco per i quali è stata riscontrata nelle osservazioni la perdurante necessità si approfondimento: – compatibilità dell’intervento con il regime vincolistico previsto dal PALAV e i vincoli provinciali; – definizione delle modalità di accesso al mare, gestione e controllo degli accessi; – azioni di tutela volte alla conservazione / miglioramento degli habitat presenti; – possibili fonti di approvvigionamento e derivazioni necessarie, anche in relazione ad eventuali estrazioni di acque sotterranee e all’influenza sull’intrusione del «cuneo salino», e sugli effetti da questa derivanti; – effetti, anche in prospettiva futura, del fenomeno della subsidenza; – problematiche connesse con la realizzazione della darsena anche in relazione con i vincoli esistenti. 

In carenza dell’indispensabile sviluppo conoscitivo delle tematiche, il R.A. presenta conclusioni parziali, contraddittorie e sostanzialmente favorevoli ai fini della realizzazione del PUA, ma inattendibili e fuorvianti per le finalità della VAS. A titolo di esempio, si riporta quanto si legge a pag. 340: “… si può evidenziare che, mentre permangono le situazioni di minaccia legate al fenomeno di erosione delle coste, avanzamento del cuneo salino non risolvibili se non con interventi strutturalile opportunità generate dalla Variante al PUA vigente consentono la valorizzazione e fruizione del sistema ambientale e rurale con caratteri di reversibilità migliorando le relazioni tra l’insediamento di Eraclea mare e il nuovo villaggio, la diversificazione dell’offerta turistica con un incremento dell’occupazione. Il PUA vigente interviene con una soluzione che contribuisce alla creazione di offerta turistica similare ai caratteri esistenti nel territorio con un elevato indice di area utilizzata per presenza e con caratteri di non reversibilità e di bassa flessibilità gestionale. La variante Ambedue gli scenari di trasformazione portano con sé l’aumento di richiesta di mobilità riferita ad una limitata offerta di servizi di trasporto. L’analisi sugli obiettivi di sostenibilità evidenzia come, per l’insieme dei 37 elementi della sostenibilità valutati, la Variante al PUA è coerente con il numero maggiore degli obiettivi di sostenibilità rispetto al PUA vigente e all’OPZIONE ZERO.”

Palese è l’incongruenza tra la minaccia indicata e l’opportunità da perseguire. La minaccia, indicata nell’erosione delle coste e “cuneo salino”, che peraltro riconduce ad altre ancora concorrenti quali concause subsidenza-eustatismo, approvvigionamento idrico e altro ancora, richiama proprio parte degli argomenti oggetto della richiesta di approfondimento. Analogamente per l’indicato aumento di richiesta di mobilità, problematica rilevante ben nota su tutto il litorale, con le inevitabili correlazioni, che sebbene non presente nel citato elenco è presente nel R.A. con una trattazione alla scala della viabilità prossima al nuovo insediamento che porta tale conclusione inattendibile. E già indicativa dell’inadeguatezza della successiva trattazione presente nel R.A. quanto è indicato nella figura 5-1 rappresentativo del “perimetro dell’ambito di influenza territoriale relativo alle componenti atmosfera, acqua, suolo agenti fisici, traffico”, palesemente insufficiente per la trattazione delle componenti indicate, anche per l’inevitabile presenza di effetti sinergici e cumulativi che restano prevalentemente inesplorati. 

Del tutto irrisolta resta la problematica della “modalità di accesso al mare”, presente nel citato elenco, che genera sostanziali incompatibilità con l’area comprendente la Laguna del Morto tutelata ai fini della conservazione della biodiversità (ZSC-ZPS), in conseguenza della quale permane la minaccia di effetti fortemente impattanti su habitat e specie presenti, oltre che analoghi effetti sulle geomorfologie e componenti naturali oggetto di specifica tutela paesaggistica vigente, con vincolo cogente che vieta tali alterazioni.

Da segnalare che emergono contrasti e incongruenze del PUA con le norme vigenti relativamente ai vincoli di rilievo paesaggistico derivati dal PTRC, che come sopra precisato (nella relativa trattazione e relativamente al paesaggio) ha valenza paesaggistica e detta prescrizioni e vincoli, oltre che dal PTCP, a differenza del “tutto bene” indicato dal R.A. relativamente a detti strumenti di pianificazione territoriale.

Cordialmente

Il presidente dell’Associazione Naturalistica Sandonatese

Michele Zanetti

Il delegato LIPU Sezione di Venezia

dott. Gianpaolo Pamio

Spett.le

Regione del Veneto Unità Organizzativa Impatto Ambientale

valutazioniambientalisupportoamministrativo@pec.regione.veneto.it

e, p.c. 

Spett.le

Regione del Veneto

Direzione Ambiente

ambiente@pec.regione.veneto.it

Spett.le

 Unità Organizzativa per il Genio Civile della Regione Veneto competente per la provincia di Venezia

civile@pec.regione.veneto.it

                                                           Venezia, lì 13 settembre 2023

Oggetto: Procedura di Autorizzazione Unica Regionale in merito al progetto del Villaggio Turistico Rurale denominato Valle Ossi nel Comune di Eraclea (VE). OSSERVAZIONI

PREMESSA-IL VILLAGGIO TURISTICO INTEGRATO

La Variante al Piano Urbanistico Attuativo (di seguito PUA), sulla base di quanto indicato nel Rapporto Ambientale (di seguito R.A.), prevede la realizzazione di un insediamento per ricettività turistica, denominato “Villaggio Turistico Integrato”, esteso circa 251 ettari con ubicazione prevalente in territorio agricolo (Valle Ossi), comprendente in sintesi quanto segue:

  • un Villaggio Turistico all’aria aperta (camping) di circa 94 ettari di estensione, comprensivo di 3200 – 3500 piazzole (di superficie compresa tra i 150 e i 200 mq ciascuna), piscine, campi da tennis, campi da calcetto, impianti per le attività polivalenti, strutture commerciali e con una capacità insediativa di circa 12800 – 14000 presenze giornaliere;
  • un Villaggio Nautico con un’estensione di circa 5.6 ettari in grado di ospitare 150 imbarcazioni;
  • un Parco Territoriale, di circa 54 ettari, dove gli ospiti del campeggio potranno svolgere attività di running, fitness all’area aperta, volo di aquiloni, passeggiate con animali da compagnia e ciclobike; 
  • un Parco Turistico Rurale di circa 72 ettari.

L’area oggetto dell’intervento confina a sud – ovest con l’ambito naturalistico denominato “Alveo di foce del Piave” (Ambito fluviale FL12) e verso il mare con la sottile area denominata “VE053 Laguna del Morto”, compresa all’interno del sito Natura 2000 ZSC IT3250013 “Laguna del Mort e pinete di Eraclea”.

Se ne deduce che, considerando anche le presenze consentite nel Villaggio Nautico, nel Parco Turistico Rurale e nel Parco Territoriale, la capacità ricettiva complessiva andrà a superare le 15000 persone, più dei circa 12000 abitanti del territorio comunale o di quelli analoghi del Comune di Caorle.

OSSERVAZIONI

PIANO TERRITORIALE REGIONALE DI COORDINAMENTO VIGENTE (PTRC)

Si legge nel R.A. (pag. 47): “il progetto in esame si colloca in un rapporto di coerenza con il PTRC vigente”, in particolare, con l’art. 33 riguardante “l’ambito per l’istituzione di parchi e riserve naturali ed archeologiche e aree di tutela paesaggistica”. Diverse sono invece le conclusioni deducibili dalla lettura dell’articolo 34 del PTRC che riporta: “è vietata la modificazione dell’assetto del territorio nonché qualsiasi opera edilizia, con esclusione degli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l’aspetto esteriore degli edifici”. 

Tale normativa è valida per l’ambito indicato nella tavola 9.44 del PTRC, all’interno del quale ricade parte del PUA. Questo divieto è tuttora vigente data la carenza del prescritto “Piano di Settore”, indispensabile per consentire la decadenza di detta norma transitoria. Il divieto è ribadito al successivo titolo 7 del PTRC “Norme Specifiche di Tutela”. 

Anche per la parte del PUA esterna al perimetro vincolato dal PTRC l’indicata coerenza non è condivisibile, dato il rilevante carico antropico insediabile in adiacenza all’area di rilevante valore paesaggistico-ambientale, destinata alla valorizzazione ambientale e già danneggiata dal carico antropico prodotto da una frequentazione minimale rispetto a quella che potrebbe essere generata dal PUA.

Si ricorda l’origine della citata norma di tutela del “PTRC con valenza paesaggistica”, richiamata all’art. 53: “dalla data di adozione del P.T.R.C. cessano di avere efficacia ex art.1 quinquies Legge 431/1985 le previsioni dei decreti emanati ai sensi del D.M. 24 settembre 1984 nella parte in cui prevedono l’inibizione delle trasformazioni territoriali”. Per la valenza paesaggistica del PTRC l’inibizione originaria della legge è sostituita dalla norma di quest’ultimo fino all’approvazione del “Piano di Settore”, con specifica considerazione dei valori paesistico ambientali”. In carenza dell’approvazione del piano col prescritto contenuto resta quindi vigente il citato divieto. 

PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PROVINCIALE, VENEZIA (PTCP)

Relativamente al Piano Territoriale Provinciale il R.A. rileva (pag. 61), in corrispondenza dell’ambito del PUA, la presenza di vincoli paesaggistici, di rischio idraulico e idrogeologico (richiamato il Piano Assetto Idrogeologico), di aree di valore ambientale, di corridoi ecologici e dell’ “Ambito per l’istituzione di parchi” in applicazione dell’art. 33 del PTRC. Oltre a riconoscere il valore ambientale del luogo, il R.A. ne sottolinea “l’instabilità geomeccanica e morfologica”, il pericolo rappresentato dalla subsidenza, dell’eustatismo e del rischio idraulico con conseguente rischio di esondazione del fiume Piave e la possibilità di inondazione dal mare. Il R.A. sostiene la coerenza del PUA con il PTCP “soprattutto in riferimento alle strategie relative al sistema insediativo, che in quest’area prevedono la realizzazione di aree destinate a servizi e produttivo”. 

Come risulta dalla visione della cartografia del PTCP alla tav. 3.1, parte del PUA ricade però entro il perimetro che nella legenda corrisponde ad “Ambito di tutela per la formazione di parchi e riserve naturali di competenza provinciale (PTRC vigente art. 34) – art. 21”, dove quest’ultimo indica l’articolo del PTCP vigente di riferimento e tra parentesi la norma vigente del PTRC (della quale si è già detto sopra).

Detta coerenza con le “aree destinate a servizi e produttivo” non trova peraltro corrispondenza con l’indicazione della tav. 4.1 del PTCP dalla quale emerge che le attività ricettive non sono comprese alla definizione “produttivo” e nemmeno “servizi”. La citata destinazione “produttivo” è, inoltre, localizzata nel PTCP in modo da interporre dal limite della fascia boscata litoranea alcune centinaia di metri liberi (zona agricola), invece compresi nel PUA.

Contrariamente a quanto affermato dal R.A., il PUA è, quindi, contrastante col PTCP (tavola 3.1) nella parte adiacente il confine sud, oltre che incongruo con altre indicazioni presenti nella tav. 4.1 (che non prevede l’insediamento di attività ricettive) e con il lungo elenco di vincoli sopra citati (paesaggistici, idraulico, ambientale) riportati in altre tavole del PTCP. 

PIANO DI ASSETTO DEL TERRITORIO (PAT) DI ERACLEA

Il PUA classifica l’ambito nel suo complesso come “contesto territoriale destinato alla realizzazione di programmi complessi” (Polo nautico integrato di Valle Ossi) ove è consentita “un’urbanizzazione programmata.”, con “La specifica destinazione d’uso per tale ambito a Turistico-ricettivo / Servizi.” Tale indicazione conclusiva dedicata alla normativa del PAT è il seguito di altre preliminari per l’area del PUA, riportate sempre dal R.A. (pagg. 65-66), relativamente alle costruzioni che “possono indurre sostanziali modificazioni nell’assetto idrodinamico della falda”. Nulla viene indicato relativamente alla possibilità di coesistenza tra tali premesse e la previsione insediativa, analogamente a quanto avviene relativamente allamancanza del ““Piano di Settore”, già segnalata, e sul conseguente divieto di trasformazione del luogo prescritto dall’art. 34 del PTRC e ulteriormente precisate dal relativo titolo 7. Relativamente alla destinazione d’uso “Turistico-ricettivo/Servizi”, si rileva la differente indicazione del PTCP, “a servizi e produttivo”, che non indica la ricettività turistica pur mantenendo l’obbligo della conformità al piano sovraordinato, ovvero proprio il PTCP. 

Altra incongruenza, non solo formale, che non trova seguito nel PUA, è la possibilità richiamata di “sostanziali modificazioni nell’assetto idrodinamico della falda”, che prospetta la possibilità di accelerazione della subsidenza nei territori della bonifica idraulica prossimi alla fascia litoranea. In queste aree (attualmente in erosione) il PAT, infatti, segnala che la risalita del cuneo salino e la salinizzazione del suolo generano un’accelerazione dell’abbassamento del suolo, compromettendo la sicurezza idraulica, la stabilità degli edifici esistenti e di futura costruzione, la fertilità del suolo e la biodiversità. Permane, inoltre, per parte del PUA il divieto di “modificazione dell’assetto del territorio nonché qualsiasi opera edilizia, con esclusione degli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l’aspetto esteriore degli edifici”.

PIANI, PROGETTI E INTERVENTI SINERGICI O CUMULATIVI 

Per valutare gli impatti significativi che l’attuazione del PUA potrebbe avere sull’ambiente e sul patrimonio culturale, tenendo conto degli impatti degli altri piani/progetti che contribuiscono a determinare le condizioni per uno sviluppo sostenibile, il R.A. (pag. 123) prende in considerazione solo il progetto LIFE REDUNE, lo “Studio e monitoraggio per la definizione degli interventi di difesa dei litorali dall’erosione nella Regione Veneto – Linee guida” e il PAT del Comune di Eraclea. Restano, pertanto, esclusi piani urbanistici vigenti come, ad esempio, quelli dei Comuni contermini (Jesolo e Caorle), che, a fronte di previsioni insediative turistico ricettive ancora più rilevanti del PUA in questione, mantengono in comune con Eraclea la dipendenza dalle fonti di approvvigionamento idrico e dalla rete stradale primaria.

La dipendenza da comuni fonti di approvvigionamento idrico, di derivazione fluviale e di falda (che già sconta le difficoltà dovute all’eccesso dei prelievi rispetto alla disponibilità del deflusso fluviale e di ricarica degli acquiferi del sottosuolo) ripropone le problematiche connesse alla subsidenza del suolo in parte già emerse in precedenza per il PAT, che “possono indurre sostanziali modificazioni nell’assetto idrodinamico della falda” e compromettere la fertilità del suolo e la biodiversità. Le stesse problematiche per le quali la Commissione VAS regionale, con Parere n°113 del 08.08.2018, ha richiesto approfondimenti del R.A. riguardanti “… fonti di approvigionamento… influenza sull’intrusione del “cuneo salino”, e sugli effetti da questa derivati”, problematiche destinate invece a non trovare risposta poiché essenziali effetti sinergico-cumulativi restano non considerati.

Relativamente all’interdipendenza dalla rete viaria primaria per l’accessibilità al litorale, sono note le condizioni di servizio congestionato delle infrastrutture esistenti dovuto al flusso turistico che arrivano a generare condizioni di criticità ambientale della fascia litoranea e che contribuiscono ad alimentare, anche al di fuori dei luoghi di destinazione, il livello non certo soddisfacente della qualità dell’aria. Le problematiche descritte sarebbero incrementate dalla realizzazione del PUA e avrebbero dovuto essere considerate e approfondite dal R.A.. L’omessa trattazione contribuisce a pregiudicarne il contenuto e l’attendibilità.

AMBITO DI INFLUENZA TERRITORIALE

Nel R.A. si legge (pag. 125): “Secondo quanto riportato nelle linee guida di ISPRA 124/2015 l’ambito di influenza territoriale non coincide necessariamente con l’ambito geografico o amministrativo di riferimento del P/P. Tale ambito deve comprendere, in ogni caso, tutte le aree interessate dagli effetti del P/P, sulla base di una stima conservativa. … Vanno considerati anche gli aspetti ambientali interessati indirettamente dalle azioni del P/P, ad esempio attraverso interazioni del P/P con altre attività antropiche che a loro volta determinano pressioni/effetti sull’ambiente. Nell’ambito della presente valutazione l’ambito di influenza del Piano è stato determinato considerando nel dettaglio le azioni previste dal Piano e la loro localizzazione e tutte le aree potenzialmente interessate dagli impatti”.

Si tratta di asserzioni di carattere generale, che trovano, tuttavia, nel R.A. un inadeguato riscontro. Nella figura 5-1 del R.A. è, infatti, riportato un “perimetro dell’ambito di influenza territoriale relativo alle componenti atmosfera, acqua, suolo agenti fisici, traffico”, limitato e insufficiente ad individuare correttamente l’ambito di influenza territoriale al quale rapportare le valutazioni per le componenti citate. 

Le tematiche, precedentemente citate, dell’approvvigionamento idrico e della rete infrastrutturale primaria, certamente interferiscono con le componenti indicate quali acqua, suolo, atmosfera, traffico anche all’esterno del perimetro indicato. 

SUBSIDENZA

La Commissione Regionale VAS, con il citato parere n.113, ha chiesto un approfondimento degli effetti della subsidenza anche in prospettiva futura. La sua trattazione, nel R.A., risulta di fatto suddivisa in più parti (in riferimento ai vari aspetti concorrenti alla determinazione del fenomeno), prive, per di più, del necessario approfondimento e basate su studi datati (L. Tosi e L. Carbognin, 2003), pur in presenza di pubblicazioni ISPRA molto più recenti sull’argomento.

Secondo il R.A. (pag. 157), nell’area in oggetto la subsidenza presenta una rilevanza medio-alta, caratterizzata da un valore medio annuale compreso tra -3 mm/anno e -2 mm/anno (quindi in appena un decennio l’abbassamento del suolo è dell’ordine dei 2-3 cm). Il dato è certamente rilevante, ma, ancor più se lo si considera in rapporto all’area litoranea in questione, dove sono noti problemi di erosione e altri fattori concomitanti che aggravano ulteriormente il fenomeno. Sull’argomento il R.A. si limita a sottolineare che “…per le zone nord-orientali le aree potenzialmente a rischio sono quelle interessate da emungimenti di acque per diverso uso, quelle caratterizzate da sedimentazione recente deltizia e le bonifiche, spesso soggiacenti il livello marino.”, senza alcun approfondimento conseguente, sebbene specificamente richiesto.

Ai fini di una corretta trattazione del fenomeno subsidenza sarebbe stato necessario tener conto di vari fattori in gioco nell’area, come la localizzazione litoranea di rilevanti incrementi insediativi prevista dai piani urbanistici vigenti, il conseguente incremento dei prelievi idrici, l’erosione del litorale, la penetrazione del cuneo salino e il fenomeno dell’eustatismo (3.68 mm./anno negli ultimi 20 anni). Tutti fattori che potrebbero essere implementati dalla realizzazione del Villaggio Turistico e dagli scavi previsti per la darsena. 

INTRUSIONE SALINA

La Commissione regionale VAS, col citato Parere n. 113, ha richiesto approfondimentianche per il tema dell’intrusione salina. Il R.A. (pag. 173), a questo proposito, si limita a sottolineare: “…per le aree oggetto di analisi si ricorda tuttavia che non sono previsti emungimenti né per usi idropotabili né per usi termali e che dalle analisi geognostiche non si sono rilevati orizzonti di materiale organico negli strati superficiali eventualmente interferibili. Per quanto riguarda l’intrusione salina poi si può ritenere che le modifiche al sistema idraulico sia in termini di cadente piezometrica che di circuitazione interna delle acque porterà un probabile miglioramento del contrasto all’intrusione salina, fenomeno in questo momento in atto nella porzione sud est dell’area.”. La conclusione è il probabile miglioramento del contrasto all’intrusione salina derivato dalle opere previste dal PUA. Tale valutazione è data in carenza dei presupposti conoscitivi indispensabili. Nulla si legge, ad esempio, relativamente agli effetti concorrenti riconducibili alla gestione del deflusso dei bacini fluviali, delle accelerate dinamiche dell’eustatismo dei due ultimi decenni, dell’erosione costiera, ecc, oltre che delle interferenze eventuali derivate dalle opere consentite dal PUA. Il R.A. non considera neppure la possibilità di effetti cumulativi con quanto previsto da altri piani/progetti.

La carenza della trattazione dell’argomento prodotta dal R.A. è ulteriormente avvalorata da quanto si legge a pag. 194, nella parte dedicata ad “Acque sotterranee” dove compare nuovamente l’argomento “Intrusione salina”. E ancora una volta si legge una trattazione a livello generale della problematica, con riferimento al citato testo del 2003: “L’intrusione o contaminazione salina è un problema grave non solo per l’inquinamento delle acque sotterranee ma anche perché può innescare, con la salinizzazione dei sedimenti, il collasso delle argille superficiali per la variazione del chimismo della loro parte umida, … che porta quindi all’accentuare di un altro fenomeno molto impattante per le zone costiere: la subsidenza …”. Il R.A. indica, poi, criticità quali “intrusione del cuneo salino ha negli ultimi anni assunto proporzioni preoccupanti, sia per frequenza, che per estensione … le forti salinità, registrate per molti giorni consecutivi, a distanze anche di 25 – 30 km per certi fiumi… La causa principale del fenomeno, è l’abbassamento delle portate dei fiumi…”.

Il R.A., nella parte delle conclusioni (pag. 340), si limita a riconoscere che: “Nel territorio in oggetto non sono stati condotti specifici studi atti a definire l’esatto andamento del cuneo salino nelle acque di falda. La complessa struttura idrogeologica locale è la principale causa delle difficoltà analitiche nello studio di tale fenomeno” e conclude la questione affermando che: “…permangono le situazioni di minaccia legate al fenomeno di erosione delle coste e di avanzamento del cuneo salino non risolvibili se non con interventi strutturali, le opportunità generate dalla Variante al PUA vigente consentono la valorizzazione e fruizione del sistema ambientale e rurale con caratteri di reversibilità migliorando le relazioni tra l’insediamento di Eraclea mare e il nuovo villaggio, la diversificazione dell’offerta turistica con un incremento dell’occupazione”.

La problematica subsidenza-cuneo salino non è sostanzialmente indagata e lascia spazio solo a una prospettiva di valorizzazione economica dell’area interessata, senza tener conto delle penalizzazioni per la collettività che potrebbero essere indotte dall’alterazione delle componenti ambientali e paesaggistiche e dagli effetti, indiretti, derivati dal PUA. E senza alcun seguito per il richiesto approfondimento della Commissione VAS.

I valori economici in gioco non sembrano irrilevanti e non solo per il settore agricolo ma anche per l’attività turistica (già insediata e futura) della fascia litoranea, oltre ai costi imposti dalla sicurezza idraulica. 

IMPATTI INDIRETTI

Dopo una rapida liquidazione delle ricadute al suolo causate da traffico e da altri sistemi di combustione, Il R.A. (pag. 175) sostiene che: “Le interferenze date dalle ricadute al suolo siano annualmente comparabili con le interferenze date da fertilizzanti ed antiparassitari forniti alle colture dell’area”. Riconosce, inoltre, che: “Altra modifica indiretta dello stato di fatto del sistema suolo/sottosuolo che potrebbe derivare dalle attività di variante è la modifica dei processi di salinizzazione dei suoli soprattutto a ridosso del comparto UMI 2 Villaggio nautico e del già compromesso marginamento sud orientale.”. Subito dopo, però, afferma che: “…le attività derivanti dalla variante potrebbero migliorare le condizione di risalita del cuneo salino”, sottolineando che: “le diverse densità di acque dolci e salate porta l’acqua dolce a sovrastare l’acqua salata” e concludendo: “….sembra molto difficile che eventuali orizzonti salmastri presenti nel fondo della darsena possano filtrare in maniera significativa verso il bacino oggetto di variante”. Ancora una volta la trattazione è generica/superficiale e contraddittoria, oltre che carente degli approfondimenti richiesti dalla Commissione VAS, anche relativamente alle problematiche riconducibili alla darsena.

IL SISTEMA DI CAPTAZIONE E PRODUZIONE ACQUA POTABILE

Nel R.A. (pag. 198; lo stesso testo è riproposto pag. 301 sotto la voce “Approvvigionamento Idropotabile”) si legge che l’approvvigionamento idrico del comune di Eraclea, con altri 11 Comuni, è servito dal Consorzio per l’Acquedotto del Basso Piave.

L’acqua in parte proviene da pozzi artesiani e in parte da acque superficiali di fiumi; quattro punti di approvvigionamento, dei quali due sono campi pozzi e due impianti di captazione di acque superficiali. Il consumo di acqua potabile del territorio comunale indicato è circa 1,5 milioni di mc. (ultimo dato 2014). La trattazione dell’argomento si conclude ricordando il parere del fornitore (Veritas S.p.A.), che subordina l’approvvigionamento alla realizzazione di un nuovo serbatoio di accumulo di acqua potabile, circa 4.000 m3, e il potenziamento del pompaggio esistente a garanzia dell’approvvigionamento idrico nei momenti di massima richiesta. 

Il R.A., ancora una volta, elude le richieste di approfondimento della Commissione VAS in merito alle possibili fonti di approvvigionamento idrico e alle possibili conseguenze sull’intrusione del cuneo salino. Non è dato sapere, ad esempio, quali saranno gli effetti dell’ulteriore prelievo sulla portata del Sile (probabilmente non irrilevanti dati i milioni di metri cubi d’acqua in gioco) e neppure se questo fiume riuscirà a mantenere una portata adeguata, anche alla foce, per evitare l’aggravamento del già segnalato pericolo subsidenza-eustatismo-cuneo salino, considerando la dipendenza di Jesolo dall’acquedotto del Sile e la prossimità a quest’ultimo (opera di presa) raggiunta dal cuneo salino.

Sarebbe stato necessario, inoltre, verificare il rispetto delle norme vigenti in materia di qualità dei corpi idrici, derivate dalla direttiva 2000/60/CE (Direttiva Quadro sulle Acque – DQA) per migliorare lo stato delle acque e assicurare un utilizzo sostenibile, a lungo termine, delle risorse idriche disponibili.

BIODIVERSITA’, RETI ECOLOGICHE, FLORA E FAUNA

Il R.A. al capitolo 5.5.4.2 (avifauna) riporta: “…l’ambito di intervento in esame è posto all’interno di un territorio attualmente occupato da culture di tipo estensivo a seminativi (mais, soia, colza, etc.). I dati che emergono per quanto riguarda le presenze avifaunistiche nell’area rispecchiano il fatto che i seminativi irrigui e, in particolare, le coltivazioni a mais, sono gli ambienti agrari con la minor diffusione di specie selvatiche ed indici di biodiversità molto bassi. Escludendo gli ambiti dei canneti del Fiume Piave e del biotopo della Laguna del Mort, all’interno delle aree di intervento viene segnalata la presenza di specie piuttosto diffuse ed antropofile, poco esigenti dal punto di vista ecologico ed adattate ad ambienti con elevata pressione antropica, quali le aree ad agricoltura intensiva (quali gallinella d’acqua, pavoncella, colombaccio, tortora dal collare, tortora selvatica, merlo, ghiandaia)”. Il Rapporto riporta, nella tabella 5-61, le specie presenti nell’ambito progettuale ricavate dalla consultazione di recenti pubblicazioni come il “Nuovo Atlante degli uccelli nidificanti e svernanti in Provincia di Venezia” (Bon M., Scarton F., Stival E., Sattin L., Sgorlon G. (a cura di), 2014 o del Formulario Standard del sito. Nel capitolo 5.5.5 espone anche un lungo, dettagliato elenco dei fattori perturbativi presenti nell’ambito di intervento imputabili alle attività agricola intensiva, alla fruizione dell’ambito e alle infrastrutture esistenti: rumore dovuto all’utilizzo di mezzi agricoli, uccisione accidentale di specie faunistiche, traffico di mezzi motorizzati soprattutto nei fine settimana…

In sintesi il R.A. sembra voler attribuire un basso interesse conservazionistico alle specie ornitiche presenti nell’ambito di intervento e amplificare i fattori perturbativi dovuti alle attività agricole. Si tratta di conclusioni infondate e fuorvianti. In Europa, molte specie ornitiche mostrano, da decenni, un cattivo stato di conservazione. Le specie legate agli ambienti agricoli sono quelle che destano maggior preoccupazione. Il Farmland Bird Index per l’Italia, calcolato tra il 2000 e il 2010 mostra un andamento negativo concentrato nelle aree della Pianura Padana e, in particolare, della Provincia Veneta. Il calo è dovuto, con ogni probabilità, all’industrializzazione delle pratiche agricole e alla sottrazione di habitat determinata dal consumo del suolo dovuto all’urbanizzazione. 

L’intensificazione delle pratiche agricole implica spesso una diminuzione dei già residui spazi naturali, l’inquinamento del suolo e delle acque. Si tratta, tuttavia, di pratiche reversibili i cui effetti negativi possono essere attenuati/annullati attivando adeguate pratiche agronomiche: mantenimento di prati stabili e pascoli; conversione dei seminativi in prati e pascoli; creazione e mantenimento di superfici a riposo e di zone con presenza di arbusti e rovi; agricoltura biologica. Al contrario, la costruzione di infrastrutture e le opere di urbanizzazione determinano una perdita di habitat non più recuperabile con conseguente scomparsa delle specie più sensibili.

Nella tabella 5-61 del R.A. mancano, molte specie pur riportate nell’Atlante e/o nel Formulario standard del sito Natura 2000, che si trovano in uno sfavorevole stato di conservazione. Si citano, di seguito, solo alcuni esempi: allodola (Alauda arvensis): la specie è classificata Vulnerabile nella Lista Rossa degli uccelli nidificanti in Italia per il rischio di estinzione (Peronace et al., in stampa). in Provincia di Venezia ha subito un calo del 54.7%; saltimpalo (Saxicola torquatus): è specie considerata come Vulnerabile a livello nazionale. La sua popolazione in Provincia di Venezia ha registrato un decremento del 46.9%; cappellaccia (Galerida crestata): anche questa specie è considerata Vulnerabile a livello nazionale. Il suo decremento in Provincia è del 34.2%; beccamoschino (Cisticola juncidis): in Provincia di Venezia gode di uno sfavorevole stato di conservazione e il suo calo è stato del 30.29% rispetto alle precedenti rilevazioni; passera d’Italia (Passer italiae): la sua popolazione nazionale è stata stimata in 5-6 milioni di coppie nidificanti negli anni ’80 e in meno di 2-3 milioni di coppie nell’ultimo decennio; passera mattugia (Passer montanus): considerata in Europa come specie in declino (BirdLife International, 2004) e classificata in Italia come Vulnerabile nella Lista Rossa); averla piccola (Lanius collurio): specie in allegato I della direttiva Uccelli, la sua popolazione italiana viene classificata Vulnerabile. In Provincia di Venezia ha registrato una contrazione distributiva del 50%. Indicata come nidificante nel precedente Atlante e come svernante nel Formulario Standard è nidificante presente nell’area di intervento nella stagione riproduttiva (Zanetti M., 06.2015, osservazione personale).

L’area oggetto dell’intervento, indicata nel PTRC del 1992 come “ambito agricolo con buona integrità” si estende per circa 250 ettari. Considerato che circa due terzi di questo territorio subiranno un’alterazione/cementificazione e che le 14000 presenze turistiche giornaliere previste faranno salire esponenzialmente tutti i fattori perturbativi citati precedentemente (uccisioni accidentali di specie faunistiche, rumori, traffico, aumento delle specie autoctone problematiche…), si deve concludere che l’impatto sull’avifauna sarà elevato e implementerà, inevitabilmente il trend negativo delle specie ornitiche sensibili legate agli ambienti agricoli.

Impatti nelle aree esterne all’ambito progettuale La creazione di un porto turistico comporta una serie di possibili impatti all’interno dell’ambito di intervento e sugli ecosistemi limitrofi sia durante la fase di realizzazione (con inquinamento di tipo acustico, atmosferico, idraulico, produzione di rifiuti e reflui…), sia durante la fase di esercizio (con inquinamento causato da olio nelle acque di raffreddamento dei navigli, dalla perdita di combustibile durante la navigazione, dagli sversamenti accidentali nelle acque degli idrocarduri e di sistemi antivegetativi applicati alle chiglie dei natanti, ecc). 

Con la creazione di una nuova darsena è prevedibile un incremento dei passaggi delle imbarcazioni lungo il Piave, soprattutto nel periodo di nidificazione, con disturbo/allontanamento soprattutto nella foce del fiume e nel corridoio ecologico del canale Revedoli dell’avifauna più sensibile al disturbo antropico come il tarabusino (Ixobrychus minutus), il martin pescatore (Alcedo atthis) e l’airone rosso (Ardea purpurea). Queste specie, per il loro sfavorevole stato di conservazione, sono incluse in allegato I della Direttiva Uccelli: le minacce segnalate sono” Attività di pesca, danni agli argini e ai canneti, movimento dei natanti lungo l’asta fluviale”).

Gli impatti segnalati andrebbero, inoltre, ad accumularsi a quelli prodotti dalle “numerose darsene che sorgono in prossimità dell’ambito di intervento sia lungo il canale Revedolisia lungo il fiume Piave” (R.A. pag. 215).

Impatti sugli habitat Il progetto prevede l’urbanizzazione a campeggio per una capienza di 14.000 villeggianti, con realizzazione di strutture di servizio e piscine, ma con l’evidente intento di offrire agli stessi la possibilità di fruire l’arenile prospiciente a Valle Ossi compreso tra la foce del fiume Piave e la bocca di porto della darsena di Marina di Eraclea (Eraclea, VE). Tale intento è esplicito: “la Variante al PUA prevede, in fase di esercizio, la gestione e la regolamentazione dei flussi di attraversamento degli ambiti più sensibili, con lo staccionamento degli accessi e dei percorsi esistenti e l’installazione di cartellonistica informativa lungo i sentieri che conducono verso la pineta, l’arenile e la Laguna del Mort” (Rapporto Ambientale pag. 220). 

Attualmente l’arenile è formato da una banchina di cemento per oltre la metà del suo complessivo sviluppo (pari a circa 1,5 km) e da una spiaggia esigua, in ragione dei vistosi fenomeni di erosione verificatisi negli ultimi decenni. Il R.A. (pag. 223), probabilmente, confida negli interventi della Regione Veneto “di difesa costiera e ripascimento di questo tratto di litorale definendo condizioni di maggiore sostenibilità della fruizione turistica, che si sposterà dagli ambiti di duna”. Una prospettiva che però è ancora a livello di “Linee Guida” per la gestione integrata della zona costiera, non di piano o progetto approvato.

Già nella condizione attuale la presenza balneare di poche centinaia di persone determina un impatto di entità assai elevata nonostante la presenza di sentieri d’accesso che attraversano la pineta e la zona dunale attuati nell’ambito del progetto Life Natura “Azioni concertate per la salvaguardia del litorale veneto” (“Life dune”), proprio per contenere i flussi turistici e mitigare lo impatto antropico. Una rete fittissima di sentieramenti informali devasta le dune grigie e la pineta (tonnellate di rifiuti abbandonati in vistosi cumuli) nonchè ridotta a “latrina naturale” in quanto non sussistono servizi igienici. Una situazione della quale il R.A. sembra non tenere conto, come degli effetti poco significativi della presenza delle opere del citato “Life Dune”. Ad opera di migliaia di vacanzieri è presumibile una compromissione degli habitat delle depressioni palustri che nei mesi estivi risulteranno asciutte e percorribili, saranno interessate dall’attraversamento le dune grigie e le dune marine che si troveranno già ridotte per l’erosione dalle mareggiate invernali. Un ulteriore danno sarà effettuato nei confronti dell’habitat dall’asportazione dei rifiuti e detriti con mezzi meccanici.

Risulta evidente che la presenza di migliaia di persone in un contesto ambientale dielevata importanza naturalistica, ma fragile e di ridottissima estensione, potrà determinare un impatto devastante sugli habitat individuati nell’Allegato I della Direttiva Habitat presenti nel sito IT3250013 tra cui, in particolare, diversi di interesse prioritario come l’habitat 2270 (Dune con foreste di Pinus pinea e/o Pinus pinaster), il 2130 (Dune costiere fisse a vegetazione erbacea “dune grigie”).

Impatto sulla flora e sulla fauna Da quanto esposto in precedenza risulta evidente che non soltanto gli habitat, ma, logicamente, la stessa biodiversità dell’area subirà un danno potenzialmente devastante. Le specie floristiche di importanza naturalistica elevata, per l’interesse estetico, fitostorico e fitogeografico presenti nei diversi habitat citati sono numerose (vedi copiosa bibliografia sul tema e in particolare: Zanetti Michele, 1998-2018, Flora e Fauna della Pianura Veneta Orientale, nn 1-20, Associazione Naturalistica Sandonatese, Noventa di Piave, VE) ed è facile prevedere un impatto tale da determinare la scomparsa locale di alcune specie, quali Orchis palustrisNeottia nidus-avisLinum maritimumCalystegia soldanellaSchoenoplectus tebernaemontaniClematis rectaTrachomitum venetum, ecc. ecc.

Se tale può rivelarsi con certezza, in ragione dell’entità delle presenze e dei passaggi sull’area, l’impatto sulla flora notevole dell’area, non meno importante può rivelarsi quello sulla fauna. Tale impatto potrà determinare danni gravi alla erpetofauna (negli habitat idonei dell’area di litorale è presente la più consistente popolazione di ramarro – Lacerta bilineata – dell’intero Veneto Orientale), alla teriofauna (Insettivori, Mustelidi) e all’avifauna nidificante. Si ricorda, a questo proposito, che nell’area sono nidificanti la beccaccia di mare (Haematopus ostralegus), il succiacapre (Caprimulgus europaeus), la cannaiola verdognola (Acrocephalus palustris), l’occhiocotto (Sylvia melanocephala), l’usignolo (Luscinia megarhynchos), l’averla piccola (Lanius collurio) e numerose altre specie divenute rare nella bassa pianura retrostante, come conseguenza della trasformazione e semplificazione dell’habitat riproduttivo.

Molti dei fattori di pressione e di minaccia che determinano la vulnerabilità del sito, descritti nello stesso Formulario Standard della ZSC: “Elevata pressione antropica a scopo turistico-balneare; forti problemi legati alla gestione degli arenili…”, sarebbero enormemente implementati dalla realizzazione del progetto, con un effetto negativo sul grado di conservazione delle specie in Direttiva.

Considerazioni Negli scorsi anni LIPU e WWF, hanno presentato alla Commissione europea approfonditi lavori di documentazione sulla cattiva applicazione della Valutazione d’incidenza nel nostro Paese.

Nel luglio 2014, la Commissione – Direzione Generale “Ambiente” ha reso noto di aver aperto la procedura di indagine EU Pilot 6730/14/ENVI “diretta ad accertare se esista in Italia una prassi di sistematica violazione dell’articolo 6 della direttiva Habitat” a causa di svariate attività e progetti realizzati in assenza di adeguata procedura di VINCA in aree rientranti in siti di importanza comunitaria (SIC) e zone di protezione speciale (ZPS), componenti la Rete Natura 2000, individuati rispettivamente in base alla Direttiva 92/43/CEE sulla salvaguardia degli Habitat naturali e semi-naturali, la fauna, la flora e la direttiva 2009/147/CE sulla tutela dell’avifauna selvatica.

La stessa Commissione ha evidenziato, in particolare, carenze qualitative nelle relazioni di incidenza ambientale, carenze nelle procedure di VINCA, elusioni, mancanza di trasparenza, scarso coinvolgimento degli enti di gestione di SIC/ZPS, carenze nei riscontri dell’effettivo rispetto delle conclusioni della procedura di VINCA, carenze di professionalità nella predisposizione delle relazioni di incidenza ambientale, assenza di sanzioni per il mancato rispetto della normativa e delle conclusioni della procedura di VINCA.

La Variante PUA in esame è accompagnata da “STUDIO PER LA VALUTAZIONE DI INCIDENZA AI SENSI DELLA DIRETTIVA 92/43/CEE – FASE DI SCREENING”: lo studio si conclude senza evidenziare effetti significativamente negativi sulle componenti ambientali sottoposte a tutela ai sensi della citata Direttiva Habitat. In base a quanto sopra evidenziato in merito ad habitat e specie, tali conclusioni sembrano confermare, ancora una volta, l’adesione solo formale alle procedure di VINCA.

Valutazione Sempre in ragione delle osservazioni sopra espresse si ritiene, infine, che l’urbanizzazione di Valle Ossi, con la relativa “valorizzazione-fruizione” dell’arenile, collocato alla sinistra dell’attuale foce del fiume Piave, sia del tutto incompatibile con criteri minimi di conservazione degli habitat e della biodiversità della fascia ambientale del litorale.

VERIFICA ACCESSIBILITA’-RETE STRADALE

Il R.A., dopo aver elencato le vie di accesso ad Eraclea (autostrada A4 Venezia – Trieste, strada statale SS 14…) evitando però considerazioni sulle problematiche attinenti il relativo livello di congestione da traffico turistico, si occupa della viabilità nel territorio comunale riconoscendo che: “Durante l’alta stagione turistica il traffico può raggiungere livelli molto alti lungo la viabilità primaria. Il traffico è elevato e unito a particolari colli di bottiglia … Uno dei punti più problematici, dove il traffico tende a formare code e causa rallentamenti, si trova lungo la strada provinciale SP 42, dove questa attraversa il fiume Piave”. Nell’elaborato prodotto nessuna considerazione è riservata agli effetti che potranno derivare alla viabilità primaria, di accesso e interna a Eraclea, dall’interferenza del traffico aggiuntivo generato dal PUA e da altri piani già approvati, anche all’esterno di Eraclea ma dipendenti dalla medesima rete stradale

5.9.3 PAESAGGIO – 5.9.3.1.1 VALORI FORMALI NATURALISTICO-AMBIENTALI E STORICO CULTURALI – 5.9.3.1.4 OBIETTIVI ED INDIRIZZI DI QUALITÀ PAESISTICA- 5.9.3.2 EFFETTI CONSEGUENTI ALLA REALIZZAZIONE DELL’OPERA ALLA SCALA TERRITORIALE 

Data l’interferenza del PUA con l’ambito di tutela paesaggistica denominato “Laguna del Morto”, non considerata anche in questa parte del R.A. e della quale si è già detto in precedenza relativamente al PTRC, è necessaria una premessa sulla normativa vigente, comprendente il divieto di “modificazione dell’assetto del territorio nonché qualsiasi opera edilizia “ che appare inapplicata. La norma di tutela paesaggistica deriva dal PTRC vigente per gli effetti della sua valenza paesaggistica conseguente all’approvazione (nel 1992) in applicazione dell’ex art.1 quinquies della Legge 431/1985 e del conseguente D.M. 24 settembre 1984. E’ da tali presupposti giuridici che deriva la sua approvazione con valenza paesaggistica dalla quale deriva, all’art. 34, la necessità del “Piano di Settore” in carenza del quale consegue ildivieto citato, che di fatto ripropone la tutela transitoria della normativa statale di riferimento in attesa de piano Piano citato con “specifica considerazione dei valori paesistico ambientali” per l’ambito territoriale individuato dalla Tav. 9 del PTRC e richiamato nell’elenco dedicato con “44. Laguna del Morto” per motivazioni quali ”Per i caratteri geomorfologici, floristici e faunistici (ambito importante per la sosta e la nidificazione di diverse specie di uccelli acquatici) questa zona rappresenta un ambiente di elevata importanza naturalistica.” E’ pertanto vigente il citato divieto anche sulla fascia meridionale del PUA, oltre che sulla parte adiacente quest’ultima ma interna all’ambito di tutela paesaggistica considerato.

Nel R.A. (pag. 277) si legge che con il PUA sono perseguiti obiettivi di realizzazione di un nuovo paesaggio riqualificato della costa, di riequilibrio dell’accessibilità e della fruizione dell’area, di recupero delle valenze naturalistiche, oltre che “interventi mirati alla qualificazione e gestione della fruibilità pubblica nonché forme di tutela, valorizzazione e stabilizzazione del sistema naturalistico”. Tali indicazioni non trovano però corrispondenza nel contenuto del PUA che prefigura invece una sostanziale variazione delle connotazioni paesaggistiche dell’area interessata e non proprio la prospettiva di un nuovo paesaggio perseguibile. Tale prospettiva è condizionata non soltanto dalle connotazioni dalle trasformazioni realizzabili nell’area agricola, ancora in buona misura imprecisate nelle connotazioni e rinviate alle successive fasi di progettazione, vedi edifici piscine, piazzali, darsena, ecc., ma in modo rilevante dagli effetti che il nuovo villaggio turistico potrà generare sulle funzionalità ambientali che determinano la caratterizzazione del contesto paesaggistico, di prossimità e più esteso. Ricadute funzionali incidenti sulle peculiarità morfologiche e naturalistiche richiamate e tutelate all’interno dell’ambito del citato art. 34 del PTRC (e ormai scomparse nella prevalenza del restante litorale) e pure sul Piave e un apio intorno oggetto di altri vincoli di tutela paesaggistica. Restano infatti a livello di buone intenzioni i propositi di “tutela, valorizzazione e stabilizzazione del sistema naturalistico” che nel caso dell’ambito della “Laguna del Morto” rinviano soprattutto alle interferenze della frequentazione e dell’attraversamento con le dinamiche naturali che consentono la presenza delle connotazioni paesaggistiche sopra citate. Morfologia del suolo e del sovrastante sistema naturale sono interdipendenti, altamente instabili e l’effetto dei dinamismi naturali non sostituibili con opere di giardinaggio e sentieristica. Già allo stato attuale la frequentazione e attraversamento generano i segni visibili dello stato di degrado preoccupante dei valori paesaggistici tutelati. Un peggioramento appare l’inevitabile conseguenza dall’attuazione del PUA per 15.000 persone aggiuntive che, almeno in parte, saranno interessate alla fruizione della spiaggia con l’inevitabile passaggio attraverso l’area tutelata in questione che si interpone. Per gli effetti prospettabili sulle dinamiche ambientali generatrici dei valori paesaggistici oggetto della tutela di cui all’art. 34 del PTRC, come conseguenza della realizzazione del PUA, si rinvia alla precedente trattazione per ”Biodiversità, …. Flora e Fauna”. Geomorfologia e forme/qualificazione della presenza naturalistica sono incompatibili con incrementi futuri della fruizione dell’arenile e della presenza turistico-balneare, dalle quali potranno maggiori livelli di interferenza della funzionalità ambientale esiziali per la tutela dello stato dei luoghi, analogamente a quanto osservabile in altre parti del litorale veneziano già oggetto di analoghe forme di pesante antropizzazione. In tale prospettiva e già nelle condizioni attuali è visibile l’inutilità di tabelle e tracciati predisposti per l’attraversamento in attuazione del progetto “Life-Dune”. Da rilevare inoltre che il già citato Parere n. 113 della Commissione VAS ha richiesto approfondimenti per la ”definizione delle modalità di accesso al mare, gestione e controllo degli accessi”, richiesta che appare ancora priva di seguito adeguato e che resta essenziale anche per la valutazione della compatibilità paesaggistica. 

Tra le opere comprese dal PUA c’è il villaggio nautico, circa 6 ettari nell’adiacenza dell’argine del Piave prossima al Canale Revedoli. Prevista la conca di navigazione di connessione, attraverso l’argine, del Piave con la darsena, dimensione di circa 2,3 ettari e associata l’edificazione di 20.000 metri quadrati (quindi circa 60.000 mc. di volume edilizio) per la quale sono ipotizzate le fisionomie “come un piccolo borgo”. Questa parte del PUA è caratterizzato da fisionomie e funzionalità che lo differenziano sostanzialmente dalla parte rimanente del villaggio turistico. Estranea all’insieme di morfologie, materiali e vegetazione che caratterizzano il paesaggio dell’ambito fluviale ormai in vista della foce, dove il fiume conserva il tendenziale andamento sinuoso, naturale nella bassa pianura, col contorno di sponda e argine e sovrastante vegetazione differenziata in rapporto alla prossimità all’acqua. Al di là dell’argine c’è la superficie agricola della bonifica idraulica, con ampia visuale, dove la portualità non è storicamente presente anche per le note difficoltà e il pericolo derivati per gli insediamenti dal rapporto con il fiume alpino. E’ dalle peculiarità idrodinamiche di quest’ultimo che deriva l’opera di costruzione della forma fluviale e del litorale, e prima della pianura che sta intorno, e pertanto tali peculiarità non possono essere trascurate al fine della tutela del paesaggio che espressamente riguarda il Piave e poi pure il litorale (art. 142 del D.lgs. 42/2004). Essenziali il volume di deflusso (portata) e la presenza di sedimenti in sospensione (trasporto solido) per le dinamiche ambientali innescate: i sedimenti condizionano l’evoluzione della morfologia dell’alveo fluviale, foce compresa, e più estesamente del litorale. E’ l’interferenza del trasporto solido fluviale con le morfologie conseguenti generate nell’alveo che, notoriamente, ostacola la navigazione e genera la dipendenza di quest’ultima da escavazioni dell’alveo. A queste ultime fanno seguito alterazioni idrodinamiche e conseguente degrado delle morfologie fluviali e litoranee. Pertanto, l’eventualità della realizzazione della darsena prevista richiede la preventiva verifica degli effetti che potranno derivare all’evoluzione morfologica fluviale e litoranea, per evitare ulteriori forme di artificializzazione conseguenti (scogliere, pennelli in roccia, argini, ecc.) e perdita delle fisionomie naturali proprie dei paesaggi tutelati. Vista la decontestualizzazione del Villaggio Nautico e la mancanza di supporti conoscitivi atti alla verifica degli effetti conseguenti alla realizzazione della darsena e connessa navigabilità fluviale, sugli ambiti paesaggistici fluviali e litoranei oggetto di tutela, la sua realizzazione appare non compatibile con le norme di tutela paesaggistica. Da rilevare inoltre che approfondimenti sono stati richiesti dalla citata Commissione regionale VAS, con Parere n. 113, relativamente a “problematiche connesse con la realizzazione della darsena anche in relazione con i vincoli esistenti”, delle quali non si trova riscontro

CONCLUSIONI

Questa parte del R.A. (pag. 338) ripropone argomentazioni di tipo prevalentemente generale confermando quanto emerso nella trattazione puntuale delle tematiche precedentemente indicate. E’ riportato l’elenco degli argomenti di approfondimento riferito al Parere n. 113, in data 8.08.2018, della Commissione Regionale VAS, conseguente alle valutazioni riguardanti la procedura di Verifica di Assoggettabilità per il PUA, senza indicazione del seguito presente nel R.A.. Tale elenco comprende argomenti che in buona parte trovano corrispondenza con le carenze evidenziate nelle presenti osservazioni, a conferma della perdurante necessità di approfondimento di tematiche essenziali ai fini della valutazione della sostenibilità del PUA. Di seguito si riportano gli argomenti indicati in tale elenco per i quali è stata riscontrata nelle osservazioni la perdurante necessità si approfondimento: – compatibilità dell’intervento con il regime vincolistico previsto dal PALAV e i vincoli provinciali; – definizione delle modalità di accesso al mare, gestione e controllo degli accessi; – azioni di tutela volte alla conservazione / miglioramento degli habitat presenti; – possibili fonti di approvvigionamento e derivazioni necessarie, anche in relazione ad eventuali estrazioni di acque sotterranee e all’influenza sull’intrusione del «cuneo salino», e sugli effetti da questa derivanti; – effetti, anche in prospettiva futura, del fenomeno della subsidenza; – problematiche connesse con la realizzazione della darsena anche in relazione con i vincoli esistenti. 

In carenza dell’indispensabile sviluppo conoscitivo delle tematiche, il R.A. presenta conclusioni parziali, contraddittorie e sostanzialmente favorevoli ai fini della realizzazione del PUA, ma inattendibili e fuorvianti per le finalità della VAS. A titolo di esempio, si riporta quanto si legge a pag. 340: “… si può evidenziare che, mentre permangono le situazioni di minaccia legate al fenomeno di erosione delle coste, avanzamento del cuneo salino non risolvibili se non con interventi strutturalile opportunità generate dalla Variante al PUA vigente consentono la valorizzazione e fruizione del sistema ambientale e rurale con caratteri di reversibilità migliorando le relazioni tra l’insediamento di Eraclea mare e il nuovo villaggio, la diversificazione dell’offerta turistica con un incremento dell’occupazione. Il PUA vigente interviene con una soluzione che contribuisce alla creazione di offerta turistica similare ai caratteri esistenti nel territorio con un elevato indice di area utilizzata per presenza e con caratteri di non reversibilità e di bassa flessibilità gestionale. La variante Ambedue gli scenari di trasformazione portano con sé l’aumento di richiesta di mobilità riferita ad una limitata offerta di servizi di trasporto. L’analisi sugli obiettivi di sostenibilità evidenzia come, per l’insieme dei 37 elementi della sostenibilità valutati, la Variante al PUA è coerente con il numero maggiore degli obiettivi di sostenibilità rispetto al PUA vigente e all’OPZIONE ZERO.”

Palese è l’incongruenza tra la minaccia indicata e l’opportunità da perseguire. La minaccia, indicata nell’erosione delle coste e “cuneo salino”, che peraltro riconduce ad altre ancora concorrenti quali concause subsidenza-eustatismo, approvvigionamento idrico e altro ancora, richiama proprio parte degli argomenti oggetto della richiesta di approfondimento. Analogamente per l’indicato aumento di richiesta di mobilità, problematica rilevante ben nota su tutto il litorale, con le inevitabili correlazioni, che sebbene non presente nel citato elenco è presente nel R.A. con una trattazione alla scala della viabilità prossima al nuovo insediamento che porta tale conclusione inattendibile. E già indicativa dell’inadeguatezza della successiva trattazione presente nel R.A. quanto è indicato nella figura 5-1 rappresentativo del “perimetro dell’ambito di influenza territoriale relativo alle componenti atmosfera, acqua, suolo agenti fisici, traffico”, palesemente insufficiente per la trattazione delle componenti indicate, anche per l’inevitabile presenza di effetti sinergici e cumulativi che restano prevalentemente inesplorati. 

Del tutto irrisolta resta la problematica della “modalità di accesso al mare”, presente nel citato elenco, che genera sostanziali incompatibilità con l’area comprendente la Laguna del Morto tutelata ai fini della conservazione della biodiversità (ZSC-ZPS), in conseguenza della quale permane la minaccia di effetti fortemente impattanti su habitat e specie presenti, oltre che analoghi effetti sulle geomorfologie e componenti naturali oggetto di specifica tutela paesaggistica vigente, con vincolo cogente che vieta tali alterazioni.

Da segnalare che emergono contrasti e incongruenze del PUA con le norme vigenti relativamente ai vincoli di rilievo paesaggistico derivati dal PTRC, che come sopra precisato (nella relativa trattazione e relativamente al paesaggio) ha valenza paesaggistica e detta prescrizioni e vincoli, oltre che dal PTCP, a differenza del “tutto bene” indicato dal R.A. relativamente a detti strumenti di pianificazione territoriale.

Cordialmente

Il presidente dell’Associazione Naturalistica Sandonatese

Michele Zanetti

Il delegato LIPU Sezione di Venezia

dott. Gianpaolo Pamio

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Notizie dal territorio

Comunicato stampa WWF e LIPU su presenza del Granchio blu nella acque dell’Alto Mar Adriatico

L’esplosione nell’Alto Adriatico e nel  del Mediterraneo del Granchio blu è l’esempio che stiamo facendo un esperimento globale sulla Natura del Pianeta di cui stiamo perdendo il controllo, dove le principali cavie siamo noi esseri umani. Molto probabilmente sulla sua esplosione demografica ha inciso l’innalzamento delle temperature di questi ultimi anni (abbiamo passato il luglio più caldo a memoria d’uomo) e la mancanza di predatori naturali tra cui sembra molluschi cefalopodi come il Polipo e altri come l’Anguilla che sono caduti in disgrazia a causa del fatto che sono pescati troppo, per finire sulle nostre tavole, un attività di overfishing cui la Commissione UE sta cercando di porre freno limitando l’impiego di reti a strascico poco selettive ed altamente distruttive per ogni forma di fauna marina.  


Detto questo, il Granchio blu può non solo danneggiare enormemente certi settori di pesca tra cui la molluschi – coltura, ma l’ecosistema marino in generale riducendo o facendo sparire per predazione e competizione specie di pesci o i granchi nostrani. Sul cosa fare oltre a prelevarlo dal mare non abbiamo ricette sicure e aspettiamo gli scienziati. Senza basi scientifiche, riportare che specie alloctone siano la panacea per questo male, affidandoci e sperare in tali specie aliene come l’Ibis sacro, che sembra predarlo con continuità ma che sta creando altri enormi problemi alle popolazioni di uccelli nostrani, sembra un’operazione illusoria e da apprendisti stregoni. Occorre affidarsi a ricercatori, biologi marini, esperti di crostacei e di ecologia dell’Adriatico per trovare una soluzione che non è semplice e che investe la complessità delle relazioni ecologiche alcune anche non del tutto conosciute che si instaurano nei nostri mari. Sperando che la popolazione di questo granchio “marziano” venga contenuta e ridotta in tempi brevi per il bene del mare da cui dipendiamo per la pesca e non solo.

Venezia, li 26 agosto 2023

Il responsabile OdV  WWF  litorali Alto Adriatico dr. Forestale Paolo PERLASCA

Il responsabile  della OdV WWF Venezia e Territorio  dr. Roberto SINIBALDI

Il delegato  Sezione LIPU OdV  di Venezia dr. Gianpaolo PAMIO

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Oasi e riserve San Nicolò

Oasi di San Nicolò: ottimi risultati per la conservazione del Fratino nel 2023